AGI - La pelle del camaleonte come modello per lo sviluppo di un dispositivo in grado di misurare i livelli di glucosio nelle urine.
Il biosensore, progettato da ricercatori della Sapienza, del Cnr e di altri enti internazionali ispirandosi alla naturale organizzazione nanostrutturata della pelle del rettile, potrà avere anche altri campi di applicazione, come il monitoraggio di marker tumorali o il riconoscimento specifico di anticorpi come quelli anti-SARS-CoV-2.
Il monitoraggio costante e continuo della glicemia è una pratica fondamentale per la corretta sorveglianza e gestione della terapia del diabete.
L'autocontrollo della glicemia avviene principalmente mediante l'utilizzo di piccoli apparecchi elettronici (glucometri) che analizzano in breve tempo i valori glicemici su piccoli quantitativi di sangue.
Considerando il costante aumento delle persone diabetiche e iperglicemiche, lo sviluppo di sistemi innovativi che possano essere rapidi, compatti, flessibili, indossabili, e capaci di lavorare senza l'analisi di piccoli quantitativi di sangue, è in costante sviluppo.
In questo contesto, si inserisce lo studio pubblicato sulla rivista NPG Asia Materials - Nature da ricercatori del Dipartimento di Scienze e biotecnologie medico-chirurgiche della Sapienza, in collaborazione con il CNR e altri enti internazionali.
Il team di ricerca ha sviluppato un biosensore per la misurazione delle concentrazioni di glucosio nelle urine che utilizza una combinazione vincente di polimeri a più strati (idrogel) e nanoparticelle di argento: questa struttura multistrato (che ospita nano-riflettori con geometria cubica) è stata ispirata dalla naturale organizzazione nanostrutturata che si trova nella pelle del camaleonte.
"Lo studio - spiega Luciano De Sio della Sapienza - ha dimostrato che il biosensore è in grado di monitorare concentrazioni di glucosio molto basse con un limite di rivelabilità più basso rispetto ai dispositivi attualmente disponibili. Il dispositivo proposto, oltre a essere flessibile, risulta possedere sia proprietà antibatteriche che foto-termiche grazie alle nanoparticelle di argento: l'utilizzo di una radiazione luminosa consente di produrre significative variazioni di temperatura che rendono il dispositivo sterilizzabile e riutilizzabile".
"I prossimi passi - commenta Antonella Calogero - saranno quelli di sfruttare l'enorme versatilita' del dispositivo aggiungendo opportune funzionalizzazioni biochimiche che permettano l'utilizzo del biosensore in altri campi di applicazione, quali il monitoraggio di marker tumorali o il riconoscimento specifico di anticorpi come, ad esempio, quelli sviluppati a seguito di infezione da SARS-CoV-2".
Inoltre, sarà possibile realizzare biosensori indossabili per il monitoraggio multiplo di analiti di interesse medico, anche in condizioni di microgravità.