AGI - Gli uomini che subiscono ripetute lesioni alla testa, come avviene durante gli incontri di pugilato, potrebbero essere associati a un rischio tre volte superiore di sviluppare complicazioni neurodegenerative come il morbo di Alzheimer. Questo allarmante risultato emerge da uno studio, pubblicato sulla rivista Neurology, condotto dagli scienziati dell’Università di Boston, che hanno valutato il legame tra lesioni alla sostanza bianca del cervello e il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.
Il team, guidato da Michael Alosco, ha esaminato i dati delle autopsie di 75 persone che avevano subito reiterate lesioni alla testa. Al momento del decesso, l’età media dei soggetti era di 67 anni e si trattava per la maggior parte di giocatori di football americano (l’89 per cento del campione), di professionisti o semi-professionisti di sport di contatto o veterani dell’esercito. Il gruppo di ricerca ha analizzato le cartelle cliniche di ciascun individuo, esaminando le scansioni cerebrali eseguite in vita e intervistando persone care e parenti dei defunti per quantificare i tassi di demenza. Stando ai dati del gruppo di ricerca, il 71 per cento dei soggetti mostrava segni di encefalopatia traumatica cronica (CTE), una malattia neurodegenerativa associata a ripetuti impatti alla testa che possono portare alla demenza.
Gli autori hanno individuato dei marcatori comuni negli sportivi che praticano attività di contatto e che subiscono lesioni alla testa. La capacità di rilevare gli indicatori tramite neuroimaging potrebbe aiutare meglio i medici a rilevare precocemente le lesioni indotte dall’impatto alla testa.
“I vantaggi derivanti dallo sport – dichiara il British Boxing Board of Control (BBBofC) – superano il rischio che i ragazzi possono ricevere percosse in condizioni rigorosamente controllate. In Gran Bretagna, i pugili sono tra gli sportivi più attentamente monitorati dal punto di vista medico. Il pericolo di infortuni è reale e compreso, per questo i requisiti di sicurezza sono rigorosi”. Gli atleti sono infatti sottoposti regolarmente a visite mediche e scansioni cerebrali e il BBBofC organizza regolarmente seminari su commozione cerebrale e impatti sulla salute a lungo termine.
“Il pugilato è vantaggioso per giovani e adulti per una serie di motivazioni legate all’attività fisica, all’autostima e al benessere fisico e psicologico – osserva Robert Smith, segretario generale di BBBofC – incoraggia le persone a far parte di un gruppo e tiene i ragazzi lontani dagli ambienti potenzialmente pericolosi. La stragrande maggioranza dei pugili proviene da ambienti svantaggiati e dalle aree più povere della società. In questo senso, il pugilato è importante perché promuove il benessere psicologico, emotivo e mentale”.
“I nostri risultati sono interessanti – osserva Alosco – perché mostrano che l’ipertensione della sostanza bianca potrebbe essere associata a danni a lungo termine nel cervello delle persone che presentano una lunga storia di lesioni alla testa”. Gli scienziati hanno inoltre stimato che per ogni differenza unitaria nel volume della tensione nella sostanza bianca, le probabilità di sperimentare problematiche cerebrali tendevano a raddoppiare. “Il nostro lavoro presenta inevitabilmente dei limiti – conclude Alosco – sarà necessario approfondire questi argomenti e determinare i fattori di rischio e le cause delle lesioni cerebrali nelle persone caratterizzate da un percorso clinico costellato di urti alla testa”.