AGI - La prima "fotografia" della variante Omicron, che ha fatto il giro del mondo, parla italiano, e ci dice molto dell'identikit di questa nuova versione del Sars-Cov-2: è molto più mutata della variante Delta, e le mutazioni si concentrano sulla proteina spike, per di più nella zona che più interagisce con le cellule umane.
Un'intuizione brillante, quella di mettere su carta, come si fa per segnare i punti su una mappa, tutte le decine di variazioni della Omicron e accostando l'immagine a quella analoga della Delta. Ne parla con l'AGI la professoressa Claudia Alteri, docente di Microbiologia clinica alla Statale di Milano e ricercatrice presso il Bambino Gesù, nell'area di Medicina Multimodale coordinata dal professor Carlo Federico Perno, dove si è svolto il progetto da lei supervisionato.
"'Fotografia' chiaramente è un termine giornalistico - spiega - in realtà abbiamo annotato le diverse mutazioni aminoacidiche sulla proteina spike, che in questa variante è quella più mutata. Inserendo sfere rosse a indicare le aree ad altissima variabilità, arancioni per quelle ad alta variabilità, gialle a indicare media variabilità, verdi per bassa variabilità e celesti a scarsa variabilità. La zona grigia è quella che non varia".
Un'idea nata "in corsa": "Studiavamo la variante Delta. - racconta Alteri - Fino al giorno prima pensavamo di trarne l'immagine che oggi vediamo confrontata con Omicron. Poi è arrivata la notizia della nuova variante, e abbiamo pensato di elaborarne subito la mappa delle variazioni. Siamo arrivati al risultato venerdì sera, grazie alle sequenze disponibili dal Sudafrica e dagli altri Paesi coinvolti (maggiormente Hong Kong e Botwana)".
Dall'immagine elaborata si deduce visivamente che la Spike di Omicron è molto più mutata rispetto alla Spike della Delta, già di per sé molto diversa dal ceppo originario di Wuhan, e lo è proprio nella zona del virus che consente di legare le nostre cellule e contro cui, non a caso, si concentra l'azione dei vaccini.
Un indizio di maggiore trasmissibilità, accostato all'osservazione sul campo, ossia cosa è successo in Sudafrica. "A oggi - spiega Alteri - possiamo dire che la rapidità con cui la variante ha sostituito la Delta in Africa meridionale fa presupporre una sua maggiore trasmissibilità, e le mutazioni osservate vanno nella stessa direzione: per questo è stata subito definita dall'Oms come VoC, ossia variante preoccupante".
Tuttavia, sottolinea la scienziata, "oggi non esistono evidenze che consentano di catalogare la variante Omicron come più pericolosa dal punto di vista della manifestazione della malattia. L'ipotesi che possa derivare da Omicron una forma più grave di Covid-19 richiede riscontri clinici ed epidemiologici solidi. Va detto che nessuna variante emersa finora, Delta compresa, ha portato a una variazione della sintomatologia".
E soprattutto, tiene a precisare, non ci sono prove che i vaccini non funzionino: "Al momento si possono fare solo delle ipotesi riguardanti l'efficacia dei vaccini nella loro formulazione attuale. Non sappiamo infatti se l'insieme delle mutazioni riscontrate in Omicron possa incidere e di quanto sull'efficacia vaccinale. Per questo dobbiamo attendere i dati di laboratorio. Anche se la variante dovesse impattare l'efficacia vaccinale, tale riduzione potrà essere arginata con la terza dose, che consentirà livelli anticorpali tali da coprire la variante. Inoltre, l'adattamento dei vaccini alla Omicron non sarà un iter complicato".
L'appello, insomma, è quello di vaccinarsi: "Ampliare la copertura il più possibile, e incrementare le terze dosi. I vaccini 'aggiornati', se serviranno, impiegheranno comunque alcuni mesi prima di essere distribuiti, quindi intanto occorre proteggersi con i vaccini disponibili ed efficaci".