AGI - Su Marte, tutt’attorno al Cratere Belva, ci potrebbero essere tane e piste lasciate dagli antichi abitanti del pianeta Rosso. Questa conclusione rivoluzionaria è stata raggiunta in un nuovo studio condotto da un team multidisciplinare di scienziati guidati dal paleontologo Andrea Baucon (Università di Genova) e comprendente Carlos Neto de Carvalho (Naturtejo UNESCO Global Geopark/Istituto D. Luiz, Portogallo), Antonino Briguglio (Università di Genova), Michele Piazza (Università di Genova) e Fabrizio Felletti (Università di Milano).
Lo studio è stato pubblicato sul numero di settembre della rivista PeerJ, ritenuta tra le 35 migliori riviste al mondo di biologia. In particolare, lo studio combina tane fossili (icnofossili) provenienti da 18 siti paleontologici terrestri e sofisticati modelli al computer per rispondere ad una delle domande più fondamentali della scienza: dove trovare (eventuale) vita su Marte? Fornire una risposta è estremamente difficile. Infatti, è almeno dagli anni '50 che gli astrobiologi affrontano due grossi limiti nella ricerca della vita extraterrestre: questa potrebbe essere irriconoscibile oppure potrebbe essere stata obliterata. Queste limitazioni non sono mai state superate e risolte, almeno fino a ora.
Andrea Baucon ed i suoi coautori infatti propongono un nuovo approccio: invece di cercare resti fossili di interi organismi o loro frammenti, occorre ricercare tane, piste, impronte e perforazioni (icnofossili) lasciate da eventuali organismi marziani. In altre parole, i ricercatori non cercano l’equivalente dello scheletro di un tirannosauro, ma mirano alle sue impronte fossilizzate.
La ricerca degli icnofossili
“Tra le testimonianze di vita più antiche della Terra ci sono icnofossili – lunghi anche diversi centimetri – prodotti da batteri ed altri organismi unicellulari. Potrebbe essere successo anche su Marte”, spiega Baucon. Questo approccio promette di superare i limiti imposti dalle altre evidenze di vita. “Sulla Terra, gli icnofossili - aggiunge - sono abbondantissimi, anche perché possono resistere a quelle forze che obliterano le altre evidenze di vita".
Inoltre, la morfologia degli icnofossili riflette prevalentemente il comportamento biologico dell’organismo produttore, permettendo di rilevare la vita indipendentemente dalla morfologia e dalla biochimica di eventuali organismi extraterrestri. Seguendo questo approccio innovativo, i ricercatori hanno sviluppato un modello matematico del Cratere Jezero su Marte, un tempo occupato da acqua e quindi potenzialmente favorevole alla vita. Qui, il 18 febbraio 2021, è atterrato il rover Perseverance della Nasa per cercare prove di eventuale vita biologica.
Il modello matematico quantifica, per ogni metro quadrato del Cratere Jezero, la probabilità di trovare un icnofossile. Il modello è stato sviluppato utilizzando l’analisi predittiva, una tecnica impiegata sulla Terra per scoprire nuovi siti paleontologici ed archeologici. Lo studio di questi siti ha permesso di determinare quali variabili influenzano la possibilità di rinvenire un icnofossile: ad esempio, il tipo di substrato e la qualità dell’affioramento.
I ricercatori hanno poi stimato, per ogni metro quadrato del cratere Jezero, il valore di queste variabili. Infine, questi dati sono stati aggregati: il risultato sono tre mappe che indicano esattamente i luoghi dove c’è la più alta probabilità di trovare tracce di vita su Marte, se questa ci sia mai stata.
Quando hanno esaminato per la prima volta le mappe, Andrea Baucon e colleghi sono rimasti stupiti. I potenziali siti marziani ad icnofossili sono molto ben circoscritti: le maggiori probabilità di trovare icnofossili su Marte si hanno nei dintorni del Cratere Belva, allo sbocco di una valle fluviale (Neretva Vallis), e nell’ampia area pianeggiante del Cratere Jezero.
Lo studio ha profonde implicazioni per la ricerca della vita su Marte. Fornisce strumenti di pianificazione utili non solo per le prossime analisi condotte dal rover Perseverance, ma anche per le future missioni in cui verranno raccolti campioni di rocce marziane. Baucon ed i suoi coautori concludono che, se mai è esistita vita su Marte, ha lasciato icnofossili che possono essere facilmente rilevati tramite gli strumenti di Perseverance, estendendo in modo esponenziale la possibilità di trovare prove dell'attività (passata) di forme di vita marziana. Le tre mappe di Baucon e colleghi potrebbero quindi condurre al primo icnofossile marziano.