AGI - C'è uno specifico tratto della personalità che aumenta il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson: il nevroticismo. A scoprirlo è uno studio dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irib) di Cosenza e dell’Istituto per le bioimmagini e fisiologia molecolare (Cnr-Ibfm) di Milano, pubblicato sulla rivista Movement Disorders.
La malattia di Parkinson colpisce circa l’1-2% della popolazione anziana mondiale ed è la seconda patologia neurodegenerativa più comune dopo il morbo di Alzheimer. Seppur le cause non siano ancora note, gli scienziati ritengono che fattori genetici e ambientali contribuiscano alla sua insorgenza.
“Il nevroticismo - spiega Luca Passamonti, primo ricercatore presso Cnr-Ibfm di Milano e neurologo presso l’Università di Cambridge - è stato collegato ai disturbi dell'umore e all'Alzheimer, ma ci sono meno studi sulla sua connessione prospettica con il Parkinson, disturbo degenerativo a lungo termine che causa un progressivo declino delle funzioni motorie e fisiche. Quando la malattia progredisce, il danno alle cellule nervose nel cervello provoca un calo dei livelli di dopamina che porta a sintomi come tremori, movimenti lenti, rigidità e perdita di equilibrio”.
Aggiunge Antonio Cerasa, neuroscienziato e responsabile della sede Cnr-Irib di Cosenza: “In precedenza si pensava che il legame tra la personalità nevrotica e insorgenza del Parkinson fosse collegato all’eccesso di attività dopaminergica che caratterizza il profilo neurocognitivo del nevrotico e che porterebbe a una condizione di stress chimico delle aree dopaminergiche legate allo sviluppo della malattia in età avanzata. Quest’ipotesi è stata però rigettata negli ultimi anni a favore di una visione rivolta alla compromissione del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene che, nel nevrotico, porterebbe a uno stato di stress ossidativo a lungo termine”.
Grazie alla possibilità di usare i dati della UK Biobank, in questo studio sono stati reclutati e seguiti per circa 12 anni mezzo milione di individui, di età compresa tra 40 e 69 anni tra il 2006 e il 2010. "Durante le valutazioni longitudinali - spiega Antonio Terracciano della Florida State University di Tallahassee (USA), coordinatore dello studio, condotto in collaborazione anche con università francesi, inglesi e italiane (Roma Tor Vergata). - sono comparsi nel campione 1.142 casi di Parkinson.
I soggetti che all’inizio dello studio mostravano livelli più elevati di nevroticismo hanno mostrato più dell'80% di rischio di sviluppare la malattia. Ansia e depressione sono fenomeni associati con la malattia di Parkinson. In parte questo problema potrebbe essere dovuto a come la malattia altera il cervello e può avere un'influenza sulle emozioni. Alcuni clinici pensano che ansia e depressione siano solo il risultato del Parkinson, tuttavia i nostri risultati suggeriscono che una certa vulnerabilità emotiva è presente molti anni prima dello sviluppo della malattia”. (AGI)