AGI - Il programma inglese per la riduzione del sale potrebbe contribuire a salvare circa 200 mila casi di malattie cardiache e 1,64 miliardi di sterline sui costi sanitari britannici entro il 2050. Pubblicato sulla rivista Hypertension, questo è quanto riportano i ricercatori della Queen Mary University di Londra, che hanno valutato l’impatto del programma di riduzione del consumo di sale sui tassi di insorgenza di malattie cardiovascolari e sulle spese sanitarie.
“L’assunzione di sale resta significativamente più elevata rispetto ai livelli raccomandati – afferma Borislava Mihaylova della Queen Mary University di Londra – e l’eccessivo consumo del condimento è fortemente correlato all’aumento della pressione sanguigna e ai maggiori rischi di malattie cardiovascolari, difficoltà renali, neoplasie gastriche e osteoporosi”.
Il team ha utilizzato i dati dell'indagine sulla popolazione del 2000-2018 sull'assunzione di sale e i tassi di insorgenza delle malattie, per valutare l’effetto del programma inglese. “La Food Standards Agency in collaborazione con l’industria alimentare – ricorda la scienziata – ha stabilito una riduzione di sale in oltre 85 categorie di alimenti, il che ha comportato la riformulazione degli alimenti, l’etichettatura dei prodotti e una serie di campagne di sensibilizzazione. Nel periodo 2000-2010, pertanto, il consumo di sale in Inghilterra si è ridotto del 15 per cento”.
Stando ai dati del gruppo di ricerca, il piano inglese avrebbe portato a una diminuzione media totale di 1 grammo al giorno, passando da 9,38 grammi nel 2000 a 8,38 grammi al giorno nel 2018. “Se questa assunzione si stabilizzerà – afferma la ricercatrice – entro il 2050 il programma porterà a 193.870 adulti in meno con malattie cardiovascolari premature, il che si traduce in un costo complessivo di 1,64 miliardi di sterline risparmiati sui costi sanitari. Se l'intervento dell’Organizzazione mondiale della sanità in Inghilterra portasse a un consumo totale di 5,0 grammi di sale al giorno, i numeri sui benefici sarebbero decisamente più elevati, con altri 213.880 casi in meno di malattie e un risparmio totale di 6,97 miliardi di sterline”.
“Negli ultimi anni – aggiunge Graham MacGregor, docente di Medicina cardiovascolare presso la Queen Mary University di Londra – le quantità di sale medie sono rimaste stabili a livelli superiori rispetto a quelli raccomandati. Questo studio mostra gli enormi benefici per la salute e per le finanze della graduale riduzione dell'assunzione di sale nel Regno Unito. Sarebbe opportuno adottare misure decisive per costringere l'industria alimentare a conformarsi per garantire prodotti caratterizzati da minori quantitativi di sale”.
Gli scienziati sottolineano che sarà opportuno proseguire le indagini con campioni e coorti più estesi e comprendenti anche la popolazione pediatrica. “Il lungo periodo di studio può presentare un'ulteriore limitazione a causa dell'incertezza nei parametri del modello, delle ipotesi sulla continuità del programma di riduzione del sale, dell'evoluzione delle malattie cardiovascolari e delle tendenze dell'assunzione di sale – conclude Mihaylova – ma la nostra ricerca dimostra l’importanza di ridurre il consumo giornaliero di sale”.