AGI - Da Nita Patel, la responsabile per i vaccini di Novavax, passando per Özlem Türeci, scienziata cofondatrice della Biontech, la società tedesca che ha sviluppato il primo vaccino autorizzato per il covid, sono decine le donne che hanno segnato, con ruoli di primissimo piano, lo sviluppo dei vaccini nel mondo.
Katalin Kariko, che per prima ha sviluppato la tecnologia alla base dei vaccini di maggior successo, quelli a mRNA e che ora è vicepresidente di Biontech, Lisa A. Jackson, che ha guidato i test del vaccino di Moderna, Melissa Moore che ha guidato lo sviluppo della tecnologia a mRna per Moderna, Michelle Lynn All, che ha messo a punto un algoritmo decisivo per costruire il vaccino di Moderna, Sarah Gilbert dello Jenner Institute che ha sviluppato il vaccino Astrazeneca, Chen Wei, la generalessa cinese che ha sperimentato il vaccino Cansino, June Raine, della Agenzia per la regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari (UK) che ha dato il via libera alla distribuzione del vaccino Pfizer, e fino Heba Wali, direttrice di Vacsera, la società egiziana che sta sperimentando i vaccini cinesi. Sono donne brillanti che hanno letteralmente sfondato il soffitto di cristallo e che raccontano storie di successo non solo nel mondo della scienza e della ricerca, anche in quello delle imprese. A parlare per loro sono i rispettivi curricula, ricchissimi di pubblicazioni e di esperienze scientifiche ed imprenditoriali.
Katalin Kariko
Vale la pena iniziare questo racconto proprio da Katalin Kariko, la ricercatrice nata in Ungheria nel 1955 che ha sviluppato, nel corso delle sue ricerche la tecnologia che è alla base dei vaccini di Pfizer/Biontech e di Moderna/Nih: quella dei vaccini a mRna. La sua storia comincia con il licenziamento dal Szeged Biological Research Center in Ungheria dove aveva deciso di continuare i suoi studi sull’RNA iniziati all’Università di Szeged. Dopo quel licenziamento alla giovane ricercatrice appena trentenne arrivò nel 1958 l’offerta per un posto alla Temple University in Pennsylvania (USA). Allora c’era ancora il Muro di Berlino e per una coppia di ricercatori come Kariko e suo marito, era difficile passare dall’altra parte. Così, ha raccontato al New York Post, vendettero la loro auto al mercato nero e con il ricavato (1.200 dollari) nascosto nell’orsacchiotto della figlia di appena due anni, sbarcarono in America. Qui, dopo cinque anni alla Temple, è passata alla Pennsylvania University dove ha tenacemente continuato le sue ricerche e la sua attività di professore. Nel corso della sua carriera si è dovuta scontrate con almeno due rettori dell’Università americana che hanno fatto di tutto per relegare ai margini la sua attività di ricerca. Per anni in molti hanno pensato che il suo lavoro di ricerca sull’mRNa fosse un vicolo cieco. Tra il 1995 e il 1995 molto domande per il finanziamento sono state respinte e il suo lavoro ha rischiato di venire cancellato. Kariko però grazie alla collaborazione con Drew Weissman ha continuato a portare avanti i suoi obiettivi riuscendo a scoprire meccanismi chiave per lo sviluppo degli attuali vaccini, e delle altre terapie a base di mRNA, come, per esempio la terapia genica. La sua scoperta chiave è stata quella della messa a punto, nel 2005, di un metodo che permettesse di prevenire la risposta infiammatoria ll’Rna sintetico da parte dell’organismo. Questo ha aperto la strada a tutte le altre applicazioni tanto che molti ricercatori, inclusi quelli che ora lavorano per Moderna, riconoscono il ruolo di primo piano della ricercatrice ungherese. Dal 2014 Katalin Karikò, che è titolare di diversi brevetti, lavora per la Biontech, la società tedesca che ha sviluppato il vaccino che viene somministrato in queste ore nel Regno Unito contro il Covid, dopo aver rifiutato una proposta di lavoro, dalla diretta concorrente, Moderna. "Penso che dovrebbe ottenere il Premio Nobel per la chimica", ha detto al Post Derrick Rossi, uno dei principali biologi molecolari del paese. Rossi, un ex professore di Harvard, ha visto la ricerca di Kariko dopo che è stata pubblicata nel 2005, ne ha riconosciuto il potenziale e si è basato su di essa quando ha fondato Moderna nel 2010.
Nita Patel
Per la rivista Science, tra i candidati vaccini contro il Covid-19 che sono in fase di conclusione della sperimentazione, quello di Novavax promette di essere il migliore. Dietro a questo farmaco, prodotto da una piccola azienda di biotecnologie del Maryland (USA) c’è una ricercatrice di origine indiana che ha saputo farsi largo nel mondo della ricerca. Nita Patel, questo il suo nome, è nata 56 anni fa a Sojitra, un villaggio agricolo nello stato indiano del Gujarat. Ora è il un direttore senior del programma di sviluppo del vaccino per Novavax,ed è alla guida di un gruppo di ricerca composto da sole donne. Il loro lavoro è stato essenziale per definire e verificare che la proteina Spike prodotta dai laboratori dell’azienda, fosse davvero quella utile allo sviluppo del vaccino, capace cioè di sviluppare anticorpi neutralizzanti negli animali. Quando aveva 4 anni - racconta Science che ha dedicato un profilo alla ricercatrice - la sua famiglia cadde in povertà dopo che suo padre era quasi morto di tubercolosi (TB). Dopo di allora, il padre non ha mai più lavorato e ha detto a Patel che avrebbe dovuto diventare un medico e trovare una cura. Patel iniziò a farlo, indossando lo stesso vestito lacero a scuola giorno dopo giorno. Non aveva scarpe e per leggere un giornale o semplicemente per comprare un biglietto ha dovuto contare sulla generosità dei vicini. Ma ha studiato duro, riuscendo ad ottenere risultati eccellenti che le hanno permesso di vincere una serie di borse di studio grazie alle quali è riuscita a laurearsi e a conseguire due Master, uno in India e uno negli Stati Uniti, in microbiologia applicata e biotecnologia. Negli Stati Uniti si è sposata con un altro ricercatore e si è stabilita a Gaithersburg (Maryland) dove ha iniziato a cercare lavoro trovandolo prima in una piccola azienda che le offriva meno di altre, ma le garantiva un lavoro proprio sulla tubercolosi, poi in MedImmune dove uno dei suoi capi, Herren Wu, è ora vicepresidente senior di AstraZeneca. In questa azienda due suoi progetti, un vaccino contro la malattia di Lyme e un altro contro il virus respiratorio sinciziale (RSV), sono falliti. Il primo non ha superato lo scoglio della fase clinica, il secondo è stato bocciato dalla Food and Drug Administration (FdA). Nel 2015, attratta dal lavoro sul vaccino contro l'RSV di Novavax, è passata in questa azienda dove ora è al lavoro per il vaccino contro il covid-19.
Ozlem Tureci
Molto probabilmente, questa ricercatrice di 54 anni di origini Turche è la scienziata più ricca del mondo. Ma non solo per aver portato avanti, insieme al marito, Ugur Sahin, un altro scienziato di origine turca, la società che per prima e coi soli finanziamenti del governo tedesco di Angela Merkel e dell’Unione Europea di Ursula Von Der Leyen, ha realizzato il primo vaccino autorizzato contro il covid-19. La sua ricchezza viene infatti dalla sua straordinaria capacità, dimostrata in passato, di saper coniugare la sua capacità scientifica, con il suo fiuto per gli affari. Ozlem Tureci è nata nel 1967 a Lostrup (Bassa Sassonia, Germania) da una coppia di immigrati turchi provenienti da Instambul. Il padre era un medico e la figlia ha scelto di seguire le sue orme laureandosi in medicina e ottenendo un dottorato presso Università del Saarland, a Homburg. Nel 2000 è entrata a far parte dello staff dell’Università di Magonza dove ha iniziato ad approfondire le sue conoscenze sulle immunoterapie nella lotta contro il cancro. Questo lavoro di ricerca l’ha spinta a creare, nel 2001, insieme al marito la società Ganymed Pharmaceuticals. Con questa società ha sviluppato un anticorpo monoclonale , ora in fase III di sviluppo, utile per la terapia contro il cancro esofageo, gastrico e pancreatico. A dicembre del 2016 la sua società, è stata acquisita per 1,4 miliardi di euro da Astellas Pharma. La cessione è stata tra le più importanti nel settore farmaceutico in Germania. Prima di cedere la sua Ganymed, nel 2008 Ozlem Tureci ha fondato, sempre insieme al marito e sempre con sede a Magonza, un’altra società, Biontech, nella quale svolge un ruolo di primo piano con il ruolo di direttore medico. E’ con questa società che i due ricercatori hanno deciso di rispondere alla sfida lanciata dalla pandemia e hanno deciso di lanciarsi nello sviluppo di un potenziale vaccino. I risultati sono stati immediatamente incoraggianti e ora il vaccino messo a punto da Biontech, è il primo ad essere somministrato dopo essere stato autorizzato al termine di un ciclo completo di sperimentazione clinica. Il capitale della loro società è salito alle stelle, intorno ai 30 miliardi di euro. Oltre a Biontech, Tureci è al centro di una serie di altre iniziative a metà strada tra il mondo degli affari e la ricerca scientifica. Come per esempio Tron, società a responsabilità limitata senza scopo di lucro, che ha come scopo quello di favore la ricerca traslazionale, quella cioè che porta alla trasformazione delle ricerche scientifiche in progetti concreti da un punto di vista clinico (nuovi farmaci, terapie), o come Ci3, il cluster europeo per le terapie immunitarie personalizzate di cui è co-fondatore e presidente e grazie al quale è al centro di diversi progetti innovativi nell’ambito delle terapie avanzate e personalizzate. Tureci è anche presidente della CIMT, la più grande associazione europea per l'immunoterapia contro il cancro. Fino a poche settimane fa, l’algoritmo di Google, la presentava come “la moglie di” Ugur Sahin, CEO di Biontech e padre del vaccino. La cosa ha suscitato molte polemiche in Germania, tanto che è dovuto intervenire il portavoce di Google in persona per annunciare che la società avrebbe provveduto a correggere l’errore.
Lisa A. Jackson
C’è il curriculum solido di Lisa A. Jackson alla base del vaccino Di Moderna. E’ stata infatti questa ricercatrice di 58 anni affiliata al Kaiser Permanente Health research Center di Washington a guidare, da indipendente, le prime fasi della sperimentazione del vaccino messo a punto dalla società con sede a Cambridge (USA) in collaborazione con il National Institute of Health (NIH). Il suo nome è il primo che appare sullo studio pubblicato dal New England Journal of Medicine nella quale sono presentati i dati della sperimentazione di fase I del vaccino di Moderna, quella cioè che ne determina la sicurezza. Si è trattato di un lavoro cruciale per lo sviluppo successivo del vaccino che ora è in attesa del via libera da parte della autorità americane ed europee. Figlia di un diplomatico, ha vissuto a lungo all’estero dove ha maturato esperienza in India, in Pakistan e in Malesia. Proprio questa esperienza l’ha spinta a studiare le malattie infettive. Dopo aver conseguito la laurea in medicina presso la University of Virginia School of Medicine, a Charlottesville, la dottoressa Jackson ha conseguito il Master in Public Health (MPH) presso la School of Public Health dell'Università di Washington (UW). Ha completato il suo corso di specializzazione in medicina interna presso la UW School of Medicine e ha lavorato come ufficiale di intelligence sulle epidemie e residente in medicina preventiva presso il CDC. Attualmente è un'internista ed epidemiologa di malattie infettive che ha condotto studi clinici ed epidemiologici sulla sicurezza e l'efficacia dei vaccini dal 1991. E’ il principale investigatore (PI) del Kaiser Permanente Washington Health Research Institute (KPWHRI) per il progetto Vaccine Safety Datalink sponsorizzato dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ed è anche PI del sito della rete KPWHRI Vaccine and Treatment Evaluation Unit, uno dei nove siti della rete sponsorizzati dal National Institutes of Health, costruita per facilitare lo sviluppo delle ricerche cliniche sui vaccini. Al suo attivo ci sono oltre 200 pubblicazioni.
Melissa Moore
E’ il direttore scientifico dell'azienda biotech responsabile della tecnologia mRNA, il suo ruolo è stato determinante per la messa a punto del vaccino. Moore ha trascorso tutta la sua carriera analizzando le strutture proteiche al centro del nuovo vaccino. La biochimica ha individuato per la prima volta la ribonucleoproteina messaggera (mRNA) come giovane ricercatrice presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) all'inizio degli anni '90, e ha trascorso la maggior parte della sua carriera nel mondo accademico. Nel 2013, secondo la rivista Science , Moore ha cambiato rotta. Ha scritto a Moderna, con sede a Cambridge, Massachusetts, per presentare un'offerta di lavoro. In un'e-mail a Tony de Fougerolles, allora direttore scientifico di Moderna, Moore ha affermato di essere "probabilmente l'esperta mondiale" nel campo scelto. De Fougerolles l'ha invitata a unirsi al suo comitato consultivo scientifico e nel 2016 Moore ha assunto il suo ruolo, rinunciando a una cattedra di ruolo presso la University of Massachusetts Medical School di Worcester. "Avrei potuto passare i successivi 15 anni - ha detto - a girare la manovella, a pubblicare più documenti, a formare più studenti", dice, "ma quando avrò 80 o 90 anni e guarderò indietro alla mia vita, rimpiangerei quella decisione". Moderna è stata fondata nel 2010 da un biologo di cellule staminali, Derrick Rossi, e due finanziatori, con l'idea che l'mRNA - la molecola che invia istruzioni genetiche dal DNA al macchinario di produzione delle proteine di una cellula - potesse essere riprogettato per sviluppare farmaci e vaccini. Da quando Moore è entrato a far parte dell’azienda, è cresciuta fino a diventare una grande azienda biotecnologica.
Michelle Lynn All
E’ una chimica quantistica che viene dal Texas. Il suo lavoro è stato determinante per mettere a punto con estrema precisione il modo con cui costruire le singole molecole di mRna che devono istruire poi i ribosomi delle cellule a produrre le molecole desiderate. I suoi calcoli hanno informato un algoritmo che prevede, per una data proteina, quale sequenza di mRNA produrrebbe la struttura più attraente per un ribosoma. Attualmente è direttore senior delle nuove modalità terapeutiche presso Eli Lilly, dove guida un team di chimici, ingegneri e biologi nella scoperta e nello sviluppo di terapie a base di acido nucleico. Immediatamente prima di entrare a far parte di Lilly, Michelle ha lavorato a Moderna, dove ha guidato un team di modellisti che studiavano il design terapeutico dell'mRNA e la consegna di nanoparticelle lipidiche. Ha svolto il suo dottorato di ricerca alla Columbia University, dove ha sviluppato un nuovo metodo per prevedere le reazioni di chimica organica e le ha applicate alle competenze per una serie diversificata di problemi che vanno dalla scienza dei materiali alla biocatalisi. Ha poi completato un postdoc congiunto presso Novartis Institutes for Biomedical Research e Yale University, dove ha studiato progettazione di farmaci assistita da computer. Successivamente ha lavorato presso Schrödinger dove si è concentrata su simulazioni molecolari, apprendimento automatico e biologia chimica. È appassionata di equità, diversità, inclusione e consapevolezza in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM) ed è stata mentore, sostenitrice e sostenitrice delle donne e delle minoranze per tutta la sua carriera. “Sono stanca - ha scritto recentemente su twitter - della moratoria contro l'essere "emotivi" sul lavoro. Investiamo profondamente nelle nostre carriere. Siamo appassionati, motivati e, sì, anche "emotivi" a volte. Questa è dedizione, non debolezza. Liberiamoci già del giogo irrealistico della cultura del lavoro maschile”.
Sarah Gilbert
C’è il suo lavoro dietro lo sviluppo di uno dei vaccini su cui molti governi, tra cui anche quello italiano, puntano per contenere la pandemia di Covid-19. E’ il vaccino sviluppato dallo Jenner Institute dell’Università di Oxford (UK) in collaborazione con la Advent-Irbm di Pomezia (roma) e con AstraZeneca. L’immunologa britannica è infatti quella che ha guidato il team che ha portato alla messa a punto del vaccino che per primo ha avviato la fase di sperimentazione clinica sull’uomo. Il vaccino si basa proprio sul suo lavoro di ricerca. In particolare, il vaccino di AstraZeneca si basa su una piattaforma legata ad un virus del raffreddore (adenovirus) che colpisce le scimmie. Questo virus viene modificato per trasportare delle singole proteine del virus contro il quale si vuole stimolare la reazione immunitaria dell’organismo. Sarah Gilbert, insieme a Adrian Hill hanno sviluppato questa tecnologia che è stata poi sperimentata per una seria di vaccini contro l’influenza, contro la malaria e anche contro ebola. La stessa piattaforma è stata poi utilizzata anche per lo sviluppo del vaccino contro la pandemia. Sarah Gilbert ha tre gemelli, ma è il marito che se ne prende cura.
Chen Wei
Dietro ai successi della Cina nella corsa per la messa a punto di un vaccino contro la pandemia, c’è sicuramente Chen Wei, il maggiore generale dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) che agli inizi di settembre di quest’anno è stata dichiarata “Eroe del Popolo” dal presidente Xi Jinping per i suoi sforzi contro i virus in diverse parti del mondo. Chen Wei infatti non solo si è impegnata direttamente in Cina e in particolare a Wuhan, città dalla quale si ritiene si sia propagata la pandemia, ma negli anni precedenti ha sostenuto gli sforzi del suo paese guidando un gruppo di ricerca per lo sviluppo di un vaccino contro il virus Ebola che ha effettuato i trial clinici di prima e seconda fase in Sierra Leone. Il vaccino contro il Sars-Cov2 che ha messo a punto all’Istituto di medicina militare dell'Accademia delle scienze militari, è stato il primo ad essere sottoposto a sperimentazione clinica lo scorso 16 marzo. Il vaccino è sviluppato insieme a Cansino Biotechnologies. Secondo i dati pubblicati a maggio sulla rivista medica The Lancet, tutti i 108 partecipanti vaccinati hanno prodotto anticorpi."Rilasciando i nostri metodi di test e indicatori al mondo, abbiamo aiutato i ricercatori di altri paesi a fare meno deviazioni e promuovere la ricerca globale sui vaccini", ha detto Chen. A luglio sono stati rilasciati al mondo anche i dati degli studi clinici di fase due del vaccino. I risultati delle due fasi degli studi clinici hanno verificato l'efficacia e la sicurezza del vaccino. Nel suo paese, Chen è una vera eroina popolare che ha ispirato anche film che si sono rivelati campioni d’incasso. Nella primavera scorsa una fotografia, poi smentita, la ritraeva con la mascherina e in divisa, mentre le veniva somministrato il vaccino che lei stessa aveva realizzato. La foto non è mai stata confermata.
June Raine
Con il via libera alla somministrazione del vaccino di Pfizer/Biontech, si è assunta una grandissima responsabilità. Alla guida della Medicines and Healthcare products Regulatory Agency (MHRA), l’agenzia del farmaco inglese, è stata lei a decidere di dare il via libera al vaccino in tempi record. La decisione ha suscitato diverse polemiche in tutto il mondo. Alcune voci, anche molto autorevoli, come per esempio quelle di Anthony Fauci (NIH) hanno denunciato una possibile carenza di attenzione nella valutazione del farmaco. Ma lei, davanti a queste critiche è stata irremovibile e ha risposto in un lungo articolo apparso su The Times. “Per coloro che sono preoccupati per questo, posso assicurarvi senza riserve che gli standard su cui abbiamo lavorato sono equivalenti a quelli in tutto il mondo: non sono state prese scorciatoie” Fauci ha ufficialmente chiesto scusa per le sue precedenti affermazioni.
Heba Wali
C’è una donna che sta svolgendo un ruolo di primissimo piano anche in Africa. E’ infatti Heba Wali, la presidente della Holding Company for Serum and Vaccine, Vacsera, la società di Stato egiziana che sta guidando la sperimentazione di uno dei vaccini cinesi contro il covid-19. Heba Wali non solo si sta occupando della definizione dei protocolli di sperimentazione clinica, ma sta anche lavorando per fare in modo che sia proprio il suo istituto a produrre, su licenza, il vaccino necessario alla campagna di immunizzazione della popolazione egiziana.
Kizzmekia Corbett
Se le ricercatrici di Moderna, hanno sviluppato le tecnologie, gli scienziati del National Institute of Health hanno individuato il target verso il quale rivolgere le pallottole di mRna per il vaccino. A guidarli c’era una giovane immunologa, classe 1986 che già quando era alle elementari aveva dimostrato una spiccata attitudine allo studio in generale e alla scienza in particolare. E’ stato infatti il team guidato da Kizzmekia Corbett a ideare e a progettare un vaccino a base di Rna contro la proteina Spike del virus. In un articolo pubblicato su Nature i ricercatori del Vaccine Research Center (VRC) presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases hanno infatti descritto per filo e per segno come era stato possibile progettare il vaccino che poi è stato realizzato e sviluppato da Moderna. Kizzmekia è una vera e propria specialista di virus con una attenzione particolare proprio verso i coronavirus, quelli che oltre a causare la pandemia di Covid-19, sono responsabili anche di altre malattie infettive come la Sars o la Mers. Nel 2014 è entrata all’NIH proprio per lavorare su questo titpo di virus ed è stato proprio qui che ha dapprima contribuito a identificare con estrema precisione la proteina Spike sulla superficie del Sars-Cov2, e poi a ipotizzare che questa avrebbe potuto essere un bersaglio utile per un vaccino a base di mRna.