AGI - Il consumo di alimenti addolciti con il fruttosio, lo zucchero più dolce presente nella maggior parte dei frutti zuccherini, potrebbe contribuire a favorire i disturbi di iperattività e aggressività. Lo hanno scoperto gli esperti dell’Università del Colorado, che, nell’ambito di uno studio pubblicato sulla rivista Evolution and Human Behaviour, hanno analizzato la correlazione tra l’assunzione di fruttosio e le manifestazioni comportamentali.
“Bassi livelli di fruttosio – spiega Richard Johnson dell'Università del Colorado – possono innescare un processo che porta all’immagazzinamento di energia sotto forma di lipidi, ma se la quantità di fruttosio nell’organismo supera una determinata soglia, le conseguenze possono comportare impulsività, aggressività e problemi comportamentali, come disturbo da deficit di attenzione/iperattività, depressione maniacale e disturbo bipolare”.
Il team sostiene che una piccola quantità di fruttosio è positiva per l’organismo, come ribadisce anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma una dose eccessiva presenta una potenziale minaccia per la salute, per questo nell’aprile del 2018 in Regno Unito è stata introdotta la tassa sullo zucchero, concernente le bevande analcoliche zuccherate. “Il fruttosio – continua l’esperto – si trova naturalmente in molte piante o nel miele, ma oggi è piuttosto comune in forma raffinata e all’interno di cibi e bevande. Le stime attuali indicano che l’assunzione di questo zucchero sia aumentata di 40 volte dal XVIII secolo a oggi, il che potrebbe contribuire a spiegare le moderne incidenze di diabete e obesità”. Il ricercatore precisa che l’identificazione del fruttosio come fattore di rischio non sminuisce l'importanza dei fattori genetici, familiari, fisici, emotivi e ambientali che determinano la salute mentale.
“I nostri dati – sottolinea Johnson – suggeriscono che il consumo di fruttosio sotto forma di zucchero raffinato e nello sciroppo di mais possa avere un ruolo determinante nella patogenesi di queste condizioni, perché riduce l’energia cellulare innescando una risposta di foraggiamento simile a quella che si verifica durante la sensazione di fame”. Secondo i ricercatori la risposta dell’organismo potrebbe provocare un aumento nell’insorgenza di sintomi legati ai disturbi comportamentali. “Ci sono studi che dimostrano tali effetti – afferma l’autore – e riportano risultati coerenti con il nostro lavoro”. Alcuni esperti, tuttavia, hanno accolto il lavoro pubblicato dal team di Johnson con scetticismo.
“Si tratta di un modello elegante e biologicamente plausibile fondato su un pensiero bioecologico sofisticato – commenta Edmund Sonuga-Barke del King's College di Londra – ma l'idea che esista un legame coerente tra i livelli di consumo di zucchero e il comportamento umano è stata ampiamente ridimensionata decenni fa”.