Gli esseri umani non sono gli unici ad adottare il distanziamento sociale, anche diverse specie nel regno animale tendono ad allontanare i propri simili per prevenire la trasmissione delle malattie. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B e condotto dagli esperti dell'Hamilton College, del Virginia Polytechnic Institute e della State University, che hanno analizzato il modo in cui si sviluppa l'auto-isolamento nel mondo animale.
"Alcune specie, come i fringuelli - spiega Andrea Townsend, ecologista comportamentale presso l'Hamilton College - utilizzano dei segnali molto generici, come la letargia, per valutare potenziali infezioni ed evitare determinati individui. In altri casi gli animali hanno sviluppato segnali abbastanza complessi per indurre l'allontanamento sociale". L'esperto spiega ad esempio che l'aragosta spinosa e' in grado di riconoscere un marcatore chimico nelle urine degli esemplari malati, per cui riesce a evitare le aree in cui rileva tale marcatore. "Un altro esempio - aggiunge Dana Hawley, biologa presso il Virginia Polytechnic Institute - proviene dai mandrilli, che riescono a riconoscere la malattia nelle feci dei loro simili e mantengono le distanze dai campioni infetti". Gli autori precisano che i comportamenti più simili alle nostre quarantene sono osservabili in alcuni insetti sociali, come formiche o api.
"Queste specie - continuano gli scienziati - possono lasciare intenzionalmente la colonia per allontanarsi dal gruppo e morire. In queste realtà, gli individui sono molto legati gli uni agli altri, per cui è facile che un esemplare possa sacrificarsi per il bene degli altri membri". Per comprendere se l'allontanamento nei mandrilli possa derivare da motivazioni alternative, i ricercatori hanno curato alcuni individui malati e verificato le alterazioni nel comportamento di isolamento. "Nei mandrilli - spiega Hawley - abbiamo osservato che il distanziamento veniva meno quando il compagno guariva. Per quanto riguarda le formiche, abbiamo introdotto un agente patogeno fungino in una colonia e confrontato la risposta comportamentale nelle colonie in cui e' stata introdotta una semplice soluzione acquosa".
L'autrice sostiene che i risultati sono stati in linea con i dati precedenti. "Il nostro lavoro - commenta Townsend - suggerisce che il distanziamento sociale è un metodo efficace per limitare la trasmissione di malattie. Quando osserviamo un comportamento che si è evoluto diverse volte in specie non direttamente collegate tra loro, si tratta di un segnale importante. Sappiamo che restare lontani rappresenta una sfida e un sacrificio, ma i benefici superano nettamente i costi".