AGI - Piantare nuovi alberi potrebbe non essere la risoluzione dei problemi climatici, anzi, in alcuni contesti potrebbe ridurre la biodiversità con uno scarso impatto sulle emissioni di carbonio. Lo teorizzano due studi separati condotti rispettivamente da esperti dell'Università di Stanford e della Colorado State University, e pubblicati sulla rivista Nature Sustainability.
Le ricerche hanno analizzato gli incentivi finanziari destinati ai proprietari terrieri per la piantumazione di alberi e il contributo delle nuove piantagioni sull’apporto di carbonio in atmosfera. “Negli ultimi anni è emersa l’idea che piantare alberi potrebbe rappresentare una soluzione efficace e a basso costo per ridurre le problematiche ambientali, dato che studi precedenti hanno dimostrato il grande potenziale degli alberi per l’immagazzinamento di carbonio, e molti paesi hanno istituito delle campagne per promuovere la piantumazione di alberi”, afferma Eric Lambin, dell'Università di Stanford, spiegando che gli impegni politici di circa 40 nazioni mirano all’obiettivo di ripristinare 350 milioni di ettari di terreni entro il 2030.
"Tuttavia - continua Lambin - è necessaria una particolare cautela: anzitutto l’80 percento degli impegni assunti finora riguarda piantagioni monocoltura o limitati a specifici prodotti come frutta o gomma. Abbiamo esaminato l’esempio in Cile, in cui una discreta sovvenzione ha incentivato la piantumazione di alberi dal 1974 al 2012, una politica presa come esempio a livello globale, con lo Stato che finanziava il 75 percento dei costi di impianto di nuove foreste, anche se poi applicazione lenta e limitazioni di bilancio hanno comportato che alcuni proprietari terrieri hanno semplicemente sostituito le foreste native con nuove piantagioni di alberi più redditizie”, aggiunge l’esperto.
Lambin precisa che secondo i risultati della ricerca il regime di sussidi ha effettivamente ampliato la copertura totale di alberi, ma riducendo l’area della foresta nativa e compromettendo la biodiversità. “Se le politiche sono progettate o applicate male, c’è il rischio di sprecare denaro pubblico, liberare carbonio e perdere biodiversità, che è esattamente l’opposto di ciò a cui mirano queste politiche”, precisa Lambin.
Il secondo studio ha analizzato la quantità di carbonio che una foresta appena piantata è in grado di assorbire dall’atmosfera, basandosi su dati raccolti in Cina settentrionale, prelevando 11mila campioni di terreno dal suolo. “Secondo i nostri dati, nei suoli poveri di carbonio le nuove piantagioni possono aumentare la densità di carbonio organico, che invece diminuiva nei terreni già ricchi di questo elemento”, afferma Anping Chen, della Colorado State University. “Speriamo che il nostro lavoro possa aiutare a comprendere che le pratiche di rimboschimento non sono la soluzione immediata, servono dettagli tecnici ed equilibri”, conclude il ricercatore.