“Mi piace pensare di avere delle caratteristiche che mi rendono un buon candidato, in futuro, per una esplorazione spaziale che vada oltre l’orbita bassa terrestre, quindi orbita lunare o perché no, sognare è ancora lecito, poter mettere piede sulla Luna”.
A soli quattro mesi dal termine della sua ultima missione nello spazio durante la quale ha svolto il ruolo - primo tra gli italiani e terzo tra gli europei - di comandante della Stazione Spaziale Internazionale (ISS), Luca Parmitano ha le idee piuttosto chiare su quale vorrebbe che fosse il suo futuro come astronauta e anche su cosa sta accadendo in queste ultime settimane soprattutto dopo il lancio della navetta Crew Dragon di Space X che è stata una vera e propria svolta.
“Ora" racconta all’Agi l’astronauta italiano "c’è molta attenzione in campo aerospaziale perché tutti si rendono conto che siamo in un momento se non epocale, di evoluzione del settore, come se si fosse saltato un gradino. Da anni il mondo privato si è avvicinato a quello delle grandi agenzie spaziali nazionali; già dal 2012 abbiamo servizi di rifornimento alla stazione spaziale internazionale forniti da privati e da qualche settimana, con l’arrivo della Crew Dragon a bordo dell’ISS, c’è stato il passaggio al trasporto di personale umano gestito in maniera indipendente da Space X e poi in futuro da altre aziende. Perché sebbene il nostro sguardo sia stato focalizzato su Space X, non dobbiamo dimenticare che anche altre società come Boeing, Sierra Nevada Corporation, Blue Origin e tante altre stanno finanziando privatamente progetti di trasporto spaziale”.
Come cambia la cosa allo spazio
Questo tipo di scenario presenta diversi aspetti che possono essere approfonditi. “Il primo aspetto riguarda" spiega @Astroluca "gli americani per i quali questa impresa accende sicuramente un ritorno alla leadership nel campo del trasporto aerospaziale. Qualcosa che dal ritiro dello Space Shuttle si era un po’ persa e questa leadership voluta e desiderata è comunque anche sintomo della prevalenza industriale e tecnologica e ora torna a manifestarsi. I russi e i cinesi hanno il loro ingresso indipendente allo spazio e ora, con Crew Dragon, anche gli Stati Uniti tornano ad avere un accesso diretto allo spazio con progetti ancora più grandi e lungimiranti. Questo loro ritorno" aggiunge "è positivo per il mondo Occidentale perché è indubbio che gli Usa con la loro presenza massiccia determinano anche un pò il corso generale dell’ esplorazione spaziale”.
Perché la Crew Dragon è una rivoluzione
La novità rappresentata dalla Crew Dragon ha però anche diversi risvolti che possono riguardare anche le prospettive di ciascuno di noi. “Sono anni" spiega Parmitano "che si parla di accesso allo spazio anche per astronauti non professionisti e l’idea che sia possibile rivolgersi ad una di queste società per organizzare un proprio viaggio spaziale, si avvicina. Non so quando, non ho la sfera di cristallo, però questo è sicuramente un passaggio che va in questa direzione”.
Space X può essere da stimolo anche per altre imprese e per l’Europa. “Da un punto di vista europeo - ha detto Parmitano - sia per quanto riguarda gli astronauti, che più in generale per il settore aerospaziale. Io posso solo sperare e immaginare che per i miei colleghi dell’Agenzia Spaziale europea (ESA) questo significhi un nuovo accesso allo spazio perché Crew Dragon trasporta quattro persone e non tre e quindi speriamo che si moltiplichino le occasioni di volo. Questa missione, inoltre, dovrebbe essere anche uno sprone per noi europei per capire che se un'azienda come Space X, pur con il sostegno del Congresso americano, è riuscita ad avere accesso allo spazio, anche noi Europei dovremmo essere in grado di farlo perché abbiamo sia le capacità che le risorse. Ci sono i vettori, quello che forse manca è un pò di di desiderio e di iniziativa”.
La nuova navetta è un gioiello della tecnologia sulla quale qualunque astronauta vorrebbe salire e provare a fare un volo, soprattutto Luca Parmitano che oltre ad essere un astronauta è stato anche pilota sperimentatore. “Il nuovo mezzo - ha detto - è completamente diverso da quello su cui ho volato fino adesso, è davvero un salto multigenerazionale. Siamo passati da avere una navetta che è stata progettata in maniera totalmente analogica e poi con un retrofit digitale - la Soyuz è una navetta di parecchie generazioni fa - alla Crew Dragon che, oltre ad essere completamente digitalizzata è costruita intorno all'astronauta con una ergonomia pensata in termini moderni e con una capacità che erano impensabile alcuni decenni fa. Anche i livelli di comfort che abbiamo visto nelle immagini sono stati pensati in maniera diversa. Certo mi farebbe piacere ma devo ammettere che le mie mire al momento sono altrove”. Dove?
L'Europa deve fare un passo in più nello spazio
“Sappiamo tutti" precisa Parmitano "che da tanti anni stiamo lavorando anche in collaborazione con la Nasa con il nostro modulo europeo di supporto dell’Esa stiamo lavorando per un futuro ritorno sulla Luna. Io ho già contribuito due volte a missioni di lunga durata sulla ISS ho accumulato un anno intero di esperienza a bordo, per cui credo di avere la possibilità, magari in futuro, di dare ancora il mio contributo di esperienza per un'esplorazione che vada al di là dell’orbita bassa terrestre. Mi piace pensare di avere delle caratteristiche che mi rendono un buon candidato per una esplorazione spaziale che vada oltre l’orbita bassa terrestre, quindi orbita lunare o perchè no, sognare è ancora lecito, poter mettere piede sulla Luna”.
Il ritorno nello spazio degli Stati Uniti con la Crew Dragon è stato preceduto dalla creazione della Space Force, la forza militare dedicata a coordinare le attività militari nello spazio, che ormai non è più solo appannaggio Usa, ma anche di altri stati tra cui la Francia. Si tratta di uno scenario che potrebbe complicare un pò le cose sotto il profilo dell’esplorazione spaziale? “Sono un colonnello dell'Aeronautica Militare" spiega "per cui ho sempre compreso il ruolo strategico dello spazio. In realtà che lo spazio abbia un ruolo strategico non è una novità. Quello che è cambiato, e ne ho parlato a lungo coi colleghi della NASA, è il modo di gestire l'aspetto strategico dello spazio. Si tratta di avere una gestione più mirata: lo spazio è ancora frontiera aperta e i trattati sono ancora validi, per cui non diventa un territorio di combattimento, semplicemente è aumentata di più l’attenzione a quello che è un aspetto importante per chi della difesa ne fa il proprio mestiere”.
Anche l’Italia e l’UE dovrebbero pensare a creare la loro Space Force? “La mia opinione conta quanto quella di un individuo perché in questo caso rispondo come Luca Parmitano. Credo che certe cose avvengono quasi in maniera automatica, ma gradualmente. Fino a 15 anni non esisteva l’Esa, ma solo le singole agenzie spaziali, non esisteva un corpo spaziale europeo, ci siamo spostati nella direzione della inclusione perché abbiamo capito che l'unione fa la forza, un concetto semplice, ma anche un concetto strategico. La Nato esiste da 50 anni, perché da un punto di vista delle forze della difesa questa integrazione è sembrata necessaria e inevitabile non è difficile pensare che in futuro, quando si avrà più coscienza dell’importanza strategica dello spazio, anche da un punto di vista internazionale ci sarà la tendenza ad unire le forze per avere una visione globale per l'utilizzo dello spazio in termini strategici”.
Verso Marte
Se lo spazio non diventa un campo di battaglia e l’esplorazione spaziale è una frontiera aperta, dopo il ritorno sulla Luna, c’è l’ambizione di arrivare su Marte. “Marte - ha spiegato - è mille volte più lontano della Luna. Si tratta di tre ordini di grandezza per quanto riguarda le distanze e di fatto anche i tempi necessari. Io continuo ad essere ottimista, è la mia natura, e ritengo che Marte sia una destinazione indispensabile se vogliamo diventare una specie interplanetaria. Però, così come la Luna ha bisogno di un’attenzione particolare perché è tre ordini di grandezza più lontana della Iss, dobbiamo immaginare che sia ulteriormente più complesso portare nell’orbita marziana o addirittura sulla superficie marziana, un essere umano. Abbiamo delle ottime attività di ricerca grazie all'esplorazione robotica che non è esclusiva, ma complementare a quella umana, e però bisogna anche capire che servono dei tempi di maturazione tecnologica per poter andare su Marte con un equipaggio umano, perché prima di andare su Marte dobbiamo capire bene le necessità fisiologiche di una lunga permanenza nello spazio aperto perché parliamo di mesi esposti ai raggi cosmici, dobbiamo capire bene quali sono i nostri sistemi di protezione e di rigenerazione automatica di alcuni dei nostri sistemi, che possono anche autoripararsi in cui il supporto da Terra viene completamente meno. Sono tutti aspetti ingegneristici in cui si tratta di avere e le risorse per progettarle, costruirle e sperimentarle”.