Sono tornati a germogliare i semi di Hibaku jumoku (in giapponese, alberi bombardati dall’atomica) sopravvissuti ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, ovvero a un calore che, a due chilometri dall’epicentro, è stato quantificato in 40 volte quello emesso dal sole.
Sono in tutto 160 e appartengono a 30 specie diverse i semi germogliati presso l’Orto botanico del Centro di ateneo per i musei scientifici dell’università di Perugia. L’Orto botanico, infatti, è stato recentemente contattato da Antonio Brunori, segretario generale della sezione italiana del Programme for the Endorsement of Forest Certification (PEFC), associazione internazionale che promuove la gestione sostenibile delle foreste e da Tiziana Volta dell'Associazione "Mondo senza guerra e senza violenza-Biodiversità Nonviolenta" di Brescia, per effettuare la propagazione dei semi di alcuni di questi Hibaku jumoku, nell’ambito di un accordo con il Dipartimento di Scienza Agrarie, Agroalimentari e Ambientali dell’Ateneo di Perugia.
E con grande gioia dei ricercatori, i semi hanno mostrato una sorprendente vitalità: sono nati per ora 40 esemplari: 27 dell’albero Aphananthe aspera, chiamato “Muku” in Giappone e 13 del più famoso fossile vivente del mondo vegetale: il Ginkgo biloba.
Tra le piante sopravvissute a Nagasaki c’è la pianta madre da cui è stato ottenuto il primo albero discendente dagli Hibaku jumoku arrivato a Perugia: un Cachi – Diospiro (Dyospiros kaki) che è stato piantato nella primavera del 2017 dal Green Team del DSA3 dell’Università nell’Orto sociale di San Pietro, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Perugia 3 e alla presenza dell’arboricoltore Masayuki Ebinuma, fondatore di Kaki Tree Project. Nel 2011 si è costituita ad Hiroshima l’associazione Green legacy che, con il supporto dell’United Nations Institute for Training and Research (UNITAR), ha deciso di condividere con diversi partner in tutto il mondo il patrimonio delle piante di Hiroshima.
Ai partner vengono spediti dei semi che ci rammentano, è vero, la tragica storia del Novecento ma che ci danno anche molta speranza per un futuro migliore. Il PEFC Italia e l’Associazione “Mondo senza Guerre e senza Violenza-Biodiversità Nonviolenta” propongono questi “Alberi della pace” come testimoni di capacità di ripresa e di rigenerazione, ma anche come elemento di riflessione per due visioni dello stesso episodio: il pericolo rappresentato dalle armi di distruzione di massa, e il carattere sacro dell’umanità e della Natura.
A giugno, inoltre, verrà messo a dimora un Ginkgo presso la Biblioteca comunale San Matteo degli Armeni di Perugia, luogo specializzato sui temi della nonviolenza, educazione alla pace, dei diritti umani, del dialogo interculturale e interreligioso; questo evento sarà proprio caratterizzato dal dare un messaggio di ripartenza e di resilienza, con la stessa forza che hanno avuto questi alberi simbolo, sopravvissuti ad una vera catastrofe ed ora rigenerati ad esempio di speranza per una ripartenza carica di positività.