Un cerotto che deriva dai cianobatteri, che vengono comunemente chiamati "alghe azzurre", è in grado di accelerare la guarigione delle ferite e potrebbe aiutare a gestire le lesioni croniche nei pazienti diabetici. Lo hanno sviluppato i ricercatori dell'Università di Nanchino, in Cina, che hanno descritto i loro risultati sulla rivista Science Advances.
"Circa un quarto delle persone che soffrono di diabete sviluppa ferite croniche a causa dei problemi circolatori e altre complicazioni che rendono più ardua la guarigione da tagli o graffi. Nei casi più gravi è necessario amputare la parte interessata", spiega Huanhuan Chen, dell'Università di Nanchino.
"Questo tipo di ferite viene trattato con ossigeno gassoso, ma il problema principale è che questa sostanza penetra difficilmente e lentamente attraverso la pelle. Per questo il nostro cerotto, ricco di cianobatteri noti come Synechococcus elongatus, sfrutta il processo di fotosintesi per il rilascio di ossigeno, derivante dalla luce solare", prosegue Yuhao Cheng, coautore e collega di Chen.
"Il cerotto contiene delle microsfere di idrogel che assorbono l'ossigeno prodotto dai batteri e lo trasportano in profondità nella pelle, filtrando nei dotti del sudore e nei follicoli piliferi", spiegano i ricercatori, aggiungendo che il costo di realizzazione di un dispositivo si aggira intorno a un dollaro.
"Abbiamo poi confrontato l'efficacia del cerotto con l'ossigenoterapia standard nei topi che avevano sintomi simil-diabetici con ferite cutanee di circa un centimetro di diametro, scoprendo che dopo sei giorni le ferite trattate con il cerotto erano ridotte del 45 per cento, il doppio rispetto al 20 per cento riscontrato in quelle che erano state curate con l'ossigeno gassoso”, afferma Chen.
"Le ferite trattate con il cerotto si sono chiuse inoltre con circa tre giorni di anticipo rispetto al metodo tradizionale e inoltre non sono stati osservati effetti collaterali", osserva ancora Cheng, spiegando che il cerotto sembrava in grado di trasportare ossigeno per circa 100 volte in più rispetto al metodo tradizionale. "Il prossimo passo è la sperimentazione su animali più grandi prima di passare agli studi clinici sull'uomo", concludono gli autori.