"Siate pronti, vi stupiremo!". E' davvero con grande entusiasmo che Mariafelicia De Laurentis, professore di Astronomia e Astrofisica dell'Università di Napoli Federico II e ricercatore all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), ha accolto la sua nomina come membro del consiglio scientifico dell'Event Horizon Telescope (EHT), la collaborazione internazionale che conduce l'esperimento che un anno fa ha realizzato la famosissima prima immagine di un buco nero.
Nata a Napoli e cresciuta ad Acerra, De Laurentis si è laureata in Fisica all'Università degli Studi Federico II di Napoli. Ha poi proseguito i suoi studi al Politecnico di Torino, dove ha vinto il premio come migliore dottoranda dell'intero ateneo. Il primo di una lunga lista di riconoscimenti scientifici. Ha insegnato tre anni in Siberia, in Russia, e successivamente 4 anni a Francoforte, in Germania. Da quasi due anni è stata richiamata dall'Università Federico II ed è diventata ricercatrice associata dell'Istituto nazionale di fisica nucleare. Ora, invece, è arrivata la prestigiosa nomina all'EHT.
Dopo la famosissima foto del buco nero, a cosa state lavorando ora?
"Stiamo lavorando all'immagine di Sagittarius A *, il buco nero al centro della nostra galassia che dista circa 25 milioni di anni luce. Si tratta di un'impresa in qualche modo ritenuta più 'semplice' da ottenere perché è più vicino a noi, ma in realtà ci sono diversi problemi. Uno dei tanti è che la nostra galassia contiene molto gas e polvere al centro e noi lo osserviamo con una linea di vista proprio lungo il disco, ossia la regione a più alta concentrazione di polvere. Altra problematica è che esso è più piccolo (ha una massa di circa quattro milioni di masse solari) rispetto a M87 (il primo buco nero fotografato, ndr) ed è anche più 'biricchino' cioè più variabile. Questo perché la materia che cade su di esso lo fa in modo turbolento e questo dà vita ad un'immagine che cambia frequentemente. Fare una fotografia di questo oggetto è chiaramente più difficile. Infatti, si pensa anche a fare un video, cioè rilevare immagini ininterrotte di questa sorgente".
A livello tecnologico quali cambiamenti avete in cantiere?
"Stiamo ampliando la rete di radiotelescopi. Per la next generation (ngEHT) avremo circa il doppio del numero di radiotelescopi che abbiamo ora, e questo ci consentirà di avere una migliore risoluzione e quindi vedere con maggiore precisione le sorgenti. Oltre a costruire nuovi radiotelescopi incorporeremo anche alcuni radiotelescopi già esistenti come Owen’s Valley Radio Observatory (OVRO) e il radiotelescopio Alfonso Serrano (LMT) in Messico strategico per la sua posizione geografica centrale. Inoltre, stiamo anche pensando ad una rete di radiotelescopi formata da satelliti in orbita attorno alla Terra, capaci di restituire immagini cinque volte più nitide".
In che modo la pandemia ha influito sul vostro lavoro?
"Dal punto di vista del lavoro non è cambiato nulla. Conduco la stessa vita di sempre, non mi sono mai fermata. Noi siamo abituati a lavorare in remoto e a tutte le ore del giorno e della notte essendo sparsi in diversi punti del mondo. E ora sono immensamente felice, quando nella call vedo che i colleghi stanno tutti bene! Ma ovviamente il contatto umano, l'interazione è importante. Incontrarsi ai meeting e guardarsi in faccia, e discutere alla lavagna è tutta un'altra cosa! A volte le migliori idee e discussioni scientifiche sono venute viaggiando, nelle sale d'attesa degli aeroporti, passeggiando, o davanti ad un bel bicchiere di vino e buon cibo. E' così che si finisce per scrivere formule ovunque anche sui tovagliolini di carta".
E in che modo la pandemia ha influito sulla sua vita?
"Tutti questi cambiamenti hanno portato mille domande sul futuro, inquietudini e 'sofferenza' perché ci si sente impotenti. Vorresti fare qualcosa per gli altri, per cambiare le cose e ci si sente piccoli e anche inutili. Questa 'reclusione' mi ha dato anche la possibilità di vedere in modo nuovo e diverso le relazioni, le persone. E mi si sono aperti nuovi orizzonti ed stata un occasione per pensare, cambiare, riflettere, per scendere con profondità in noi stessi e anche per riprendere qualcosa che non riuscivo più a fare (per mancanza di tempo) come per esempio suonare il piano".
Quali sono ora i suoi piani in qualità di membro del consiglio scientifico di ETH?
"Non ho piani se non di continuare a fare il mio lavoro e impegnarmi ancora di più insieme agli altri 13 del consiglio per il bene della collaborazione, delineando le strategie di ricerca, le future osservazioni e lo sviluppo delle varie attività scientifiche. Collaborazione, comunicazione, relazione, fiducia e motivazione, sono questi i cardini su cui si è basato l'Event Horizon Telescope e che ci ha portati al successo. Quindi continuerò su questa strada per raggiungere i nostri grandi obiettivi scientifici. In questa grande 'famiglia' ho imparato che una squadra diventa grande quando i propri componenti smettono di pensare all''io' ed iniziano a pensare al 'noi'".