Prelevare del Dna da alcuni funghi bioluminescenti rende possibile la creazione di piante che si illuminano al buio del tutto simili a quelli descritti nel film di fantascienza “Avatar”. Questi i risultati di uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology e condotto da un team internazionale di 27 ricercatori provenienti dalla startup biotecnologica Planta, dall’Accademia delle scienze russa, dalla MRC di Londra e dall’Istituto di scienza e tecnologia in Austria, che hanno prelevato del DNA da funghi bioluminescenti e lo hanno integrato in alcune piante di tabacco, con la speranza di riuscire a instillare tale caratteristica anche a rose, pervinche e altri fiori da giardino.
“Non si tratta solo di un attributo estetico, ma potrebbe essere utile anche per osservare il funzionamento interno della pianta. Alcuni funghi brillano per tutto il loro ciclo di vita senza aver bisogno di prodotti chimici”, afferma Kaen Sarkisyan. “Sarebbe fantastico sostituire i lampioni con fiori bioluminescenti, le piante emanano una piacevole aura verde che emana dalla loro energia vitale, producendo più di un miliardo di fotoni al minuto”, aggiunge Illa Yampolsky. “A differenza di quanto avviene con i pigmenti prelevati dalle lucciole, queste piante producono un bagliore più costante, incorporato direttamente nel loro codice genetico, il che permette alle piante di brillare fino a dieci volte più intensamente degli esperimenti precedenti”, spiega Keith Wood, CEO di Light Bio, del team che ha creato la prima pianta luminescente usando il gene delle lucciole.
“Progettare nuove caratteristiche biologiche è più complesso del semplice spostamento di parti genetiche da un organismo all’altro, perché in questo caso le peculiarità devono essere integrate nel metabolismo dell’ospite”, affermano i ricercatori, aggiungendo che non tutti i meccanismi sulla bioluminescenza sono completamente noti. “Abbiamo prelevato dai funghi la molecola chiamata acido caffeico, che produce luce attraverso un ciclo metabolico e ci permette di ottenere informazioni sulla propria composizione, rivelando inoltre lo stato fisiologico delle piante e le risposte agli stimoli ambientali. Quando ad esempio abbiamo avvicinato una buccia di banana matura, che emette etilene, il bagliore è aumentato significativamente”, dichiarano gli esperti, precisando che le parti più “giovani” delle piante tendono a brillare più intensamente, così come i fiori.
“Per i primi studi abbiamo selezionato la pianta di tabacco, per via della sua genetica semplice e della crescita rapida, ma le nostre ricerche indicano che la bioluminescenza può essere implementata anche in altre specie, come pervinche, petunie e rose. Il prossimo passo sarà quello di provare a rendere possibili nuove funzionalità, come la modifica della luminosità o del colore, immaginiamo una consapevolezza delle nostre risorse verdi che emuli il fascino ispiratore del lungometraggio Avatar di James Cameron”, conclude Arjun Khakhar.