Gli scienziati dello Smithsonian's Global Health Program hanno trovato sei nuovi ceppi di coronavirus in diverse specie di pipistrelli, appartenenti alla stessa famiglia del SARS-CoV2, ma non strettamente correlati geneticamente all'attuale epidemia.
L'articolo è stato pubblicato su Plos One. Con quasi 2 milioni di casi confermati e un bilancio delle vittime che supera le 119 mila unità, il Covid-19 si è rivelato una grave minaccia globale e ha costretto la popolazione mondiale ad adottare misure di quarantena per arginarne la diffusione.
"Questi nuovi ceppi sono stati trovati su tre diverse specie di pipistrelli: lo Scotophilus heathii, il Chaerephon plicatus e l’Hipposideros larvatus. Ulteriori studi ci consentiranno di capire se questi nuovi ceppi hanno o meno il potenziale di trasmissione tra le specie e i presumibili pericoli di questi virus", afferma Marc Valitutto del Global Health Program.
"Le pandemie virali ci ricordano quanto la salute dell'essere umano sia strettamente collegata con il benessere ambientale e quello della fauna selvatica. In tutto il mondo le interazioni con gli animali selvatici si verificano con frequenza crescente. Per questo, se comprendessimo meglio la diffusione di questi virus negli e tra gli animali, potremmo ridurre il loro potenziale pandemico", prosegue il ricercatore.
Il suo team ha raccolto campioni di saliva e feci di 11 diverse specie di pipistrelli in alcune zone del Myanmar, al confine con India e Bangladesh, ottenendo oltre 750 campioni da maggio 2016 ad agosto 2018. "Abbiamo confrontato poi i coronavirus trovati con quelli noti, scoprendone ben sei completamente sconosciuti, ai quali sono stati assegnate le denominazioni PREDICT-CoV-47, -82, -90, -92, -93 e -96", precisa ancora Valitutto.
"Molti coronavirus potrebbero non rappresentare un rischio per gli esseri umani, ma se identificassimo queste malattie prima che possano trasmettersi "inter-species" abbiamo un'opportunità in più per indagare approfonditamente sulla potenziale minaccia. Ricerca, studio, osservazione e istruzione sono gli strumenti migliori che abbiamo per prevenire le pandemie", conclude Suzan Murray, direttrice dello Smithsonian's Global Health Program e coautrice dello studio.