Se in Italia ci sono più decessi per coronavirus che in Germania e nel Nord Europa potrebbe essere colpa del diverso ruolo degli anziani nella nostra società rispetto a questi altri paesi. Il virus infatti, in queste prime fasi, starebbe circolando in Germania più all’interno della popolazione giovane, che non in quella anziana e questo spiegherebbe perché, fino ad oggi ci siano queste macroscopiche differenze in termini di mortalità tra i due paesi. Ne sono convinti due ricercatori, Moritz Kuhn e Christian Bayer economisti dell’Università di Bonn che in questi giorni, come tanti altri ricercatori in tutta Europa (vedi per esempio il gruppo Facebook Physicists Against Sars-Cov-2) stanno usando i social network per provare ad arricchire il dibattito pubblico con considerazioni di carattere scientifico in merito ai temi legati all’epidemia di coronavirus.
“Mia moglie è di Firenze - ha spiegato all’Agi Christian Bayer - e io ho lavorato per un periodo a Milano ed a Firenze per cui ho seguito da vicino la situazione in Italia. Quando il numero di persone contagiate aumentava nel resto dell'Europa sono rimasto sorpreso del fatto che la mortalità è così tanto più bassa in Germania, ma anche in tutti i paesi scandinavi. In Italia al primo di Marzo una persona su 30 tra quelle infettate era deceduta In Germania con quasi 4000 casi diagnosticati sono intorno a una su 500. In Scandinavia sono una su 800”.
“Insieme a Moritz Kuhn - ha aggiunto il ricercatore - abbiamo cominciato di discutere per capire cosa poteva essere il fattore che avrebbe potuto spiegare questo. Siamo tutti e due economisti. Facciamo più che altro ricerca quantitativa ed empirica. Sappiamo che la Lombardia è una delle regioni più ricche di tutta l’Europa. Con un sistema sanitario forte come nei paesi del Nord. E anche il modo in cui è arrivato il virus è simile. Tramite contatti di lavoro con la Cina”.
“A un certo punto - ha aggiunto Bayer - abbiamo visto numeri che Andreas Backhaus, un altro economista del Federal Institute for Population Research, ha compilato sulla differenza di etá delle persone che hanno preso il virus. In Italia due persone su tre a cui è stato diagnosticata l’infezione da Covid-19 avevano più di 60 anni. In Germania lo erano una su 10”. Partendo da questa constatazione, i ricercatori hanno provato a verificare l’organizzazione della società italiana e a cercare di capire le differenze con quelle del Nord Europa anche a livello di vita famigliare.
“L’idea che ci veniva é che in Italia gli anziani sono maggiormente integrati nella vita dei più giovani e le dinamiche di scambio sono molto più presenti. La percentuale delle persone di etá media che vivono con un genitore nella stessa casa, per esempio, è molto piú bassa in Germania. Ancora di piú se guardi alla Scandinavia. Un altro esempio sono i bambini che tornano da soli a casa dopo scuola e non c’è bisogno della nonna o del nonno che li vanno a prendere. Se gli anziani sono meno integrati tramite famiglie allargate è meno probabile che prendono il virus importato tramite contatti di lavoro” ha spiegato Bayer. I rapporti diradati coi genitori anziani permettono al virus di svilupparsi e di evitare il contagio.
“Se vedi i tuoi genitori solo una volta a settimana - ha spiegato Bayer - puoi anche avere il tempo per finire l'incubazione ed accorgerti di essere malato e quindi di evitare ulteriori contatti”. “La cosa che abbiamo fatto con queste idee, se vuoi anche stereotipe, è di elaborare dati per tutto il mondo sulla percentuale di persone di età media (fra 30 e 49 anni) chi vivono con un genitore in casa. L’idea è che questo può essere un'approssimazione del numero e dell’intensità di interazione fra generazioni. Siamo rimasti stupiti del fatto che si trova una correlazione sostanziale tra questo numero e la fatalità dei diversi focolai. Non è un problema solo italiano. Anche la Spagna ha un modello familiare che è simile, e anche lì muoiono molte persone che hanno preso il virus. Non abbiamo i numeri sull'anzianità delle persone infettate li, ma dalla mortalità è probabile che anche lì sono più anziani infettati rispetto al Nord dell’Europa”.
“Per noi - ha aggiunto - questo vuol dire tre cose. In primo luogo dal punto di vista Europeo, ci sono paesi che sono molto a rischio di trovarsi con una mortalità alta. In un certo senso paesi vulnerabili, come esistono le persone vulnerabile. La Polonia è un esempio che abbiamo identificato due giorni fa. Quando abbiamo fatto la ricerca c'erano pochi casi. Oggi ci sono due persone morte e solo 84 persone infette. In secondo luogo, dal punto di vista dei paesi del Nord. Dobbiamo prepararci di vedere molti più casi gravi quando il virus comincerà a circolare fra gli anziani. Infine per l’Italia. Quando questa onda di virus sarà passata non ci sarà subito un vaccino disponibile, dunque potrebbe esserci una seconda ondata. Per rendere più stabile il sistema sanitario sarà allora importante limitare il ruolo degli anziani nell'interazione quotidiana di famiglia anche se è dura”.