Il corretto sviluppo dei bambini fino a 18 mesi non viene influenzato negativamente dal fatto di essere stati lasciati a piangere durante il giorno o la notte. Lo sostengono i ricercatori dell'infanzia dell'Università di Warwick in un articolo pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry.
"Lasciar piangere il proprio figlio per un po' non è sinonimo di insensibilità e a volte può aiutare il bambino a imparare ad autoregolarsi e ad avere un primo senso di sé", afferma Ayten Bilgin, docente presso il Dipartimento di Psicologia dell'Università di Warwick, spiegando che nel Regno Unito un terzo del campione analizzato ha dichiarato di non aver mai lasciato piangere il proprio figlio nei primi 18 mesi di vita, mentre i restanti intervistati affermano di essere intervenuti dopo qualche tempo. Il team ha osservato 178 neonati e le loro mamme per 18 mesi, analizzando il comportamento delle donne nei confronti dei loro figli quando questi piangevano.
"I bambini che avevano sperimentato il pianto durante l'infanzia piangevano meno e per periodi più brevi dopo i 18 mesi, quindi lasciar piangere i propri figli non influenza negativamente lo sviluppo e l'attaccamento nei confronti dei genitori, anzi, potrebbe essere positivo per la loro crescita", prosegue la ricercatrice, spiegando che i genitori sono stati intervistati tramite un questionario sul modello del pianto, mentre l'attaccamento è stato valutato tramite osservazione diretta del rapporto madre-figlio e valutazione di uno psicologo.
"Lasciar piangere i nostri figli potrebbe aiutarli a sviluppare meccanismi di autoregolazione", aggiunge Dieter Wolke dell'Università di Warwick, ricordando i due soli precedenti studi risalenti a 20 e 50 anni fa, che avevano l'obiettivo di indagare gli effetti dell'intervento genitoriale sul pianto dei bambini. "Dovremmo dare più credito ai genitori e ai bambini. La maggior parte dei genitori si adatta in modo intuitivo nel tempo e si sintonizza con i bisogni del bambino, aspettando un po' prima di intervenire durante il pianto del figlio. In questo modo il bambino ha l’opportunità di imparare ad autoregolarsi", concludono i ricercatori.