"Serve un centro di ricerca di livello internazionale come l'IIT o lo Human Technopole anche a Palermo dedicato allo sviluppo delle fonti rinnovabili e delle bioeconomie". Lo ha detto all'Agi Mario Pagliaro ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche che proprio oggi è stato incluso - unico in Sicilia - tra i top scientist chimici italiani individuati dalla classifica pubblicata sulla rivista PLOS Biology e redatta dalla Stanford University. Per la redazione della lista i ricercatori americani hanno applicato una nuova metrica standardizzata alle citazioni dei lavori scientifici di quasi 7 milioni di scienziati attivi in tutto il mondo in 22 diversi settori disciplinari analizzandone la carriera fino al 2018.
Il nuovo indice messo a punto ne combina diversi inclusi il numero totale delle citazioni, l'indice di Hirsch, e il numero di citazioni per articoli in cui si è autore singolo, primo o ultimo autore. Fra i primi 105 mila ricercatori nel ranking di tutte le discipline - dall'agraria alla matematica, dalla storia alla filosofia - compaiono 2281 ricercatori italiani, di cui solo 211 (poco più del 9%) lavorano nel Sud Italia. La lista dei 52 chimici organici italiani include scienziati come Claudio Bianchini, Maurizio Prato, Marta Catellani e Renato Ugo.
Con Pagliaro, sono 4 i ricercatori ancora attivi al Cnr a comparire nella classifica: Chryssostomos Chatgilialoglu e Giovanna Barbarella a Bologna, Sergio Riva a Milano, e Guido Cimino a Napoli. La lista include anche Claudio Bianchini e Luigi Mandolini per molti anni attivi presso le sedi del Cnr a Firenze e a Roma, oggi in quiescenza.
Proprio a Palermo dovrebbe essere collocata la sede di questa nuova struttura di ricerca. "Serve in Sicilia, la regione più grande ed arretrata in Italia. Altrimenti dopo l'Iit a Genova e il Technopole a Milano, il divario fra Nord e Sicilia continuerà ad aumentare. Gli investimenti vanno fatti in tutte le aree del Paese, partendo da quelle più bisognose. E non al contrario, oppure al Sud sempre e solo a Napoli". L'idea è quella di creare una nuova struttura che coinvolga le realtà del territorio - università ed enti di ricerca - e anche internazionali.
"La Sicilia potrebbe facilmente ospitare un nuovo Joint Research Centre (JCR) comunitario dedicato al solare e alla bioeconomia. Basterebbero pochi milioni di euro allocati dal Governo congiuntamente alla Commissione europea. Il Governo fa continuamente riferimento al Green New Deal: ecco un modo concreto per poterlo avviare partendo dalla Sicilia direttamente con una logica di apertura internazionale. In un JCR lavorano ricercatori di tutta Europa selezionati per concorso sulla base dei soli titoli scientifici".
"L'Italia - ha concluso Pagliaro - ha fatto da pioniere tanto nel campo delle bioplastiche che del solare. Mi lasci ricordare Nino Baccini scomparso ieri: la sua azienda ha sviluppato la tecnologia per serigrafare le celle solari al silicio oggi prodotte in volumi superiori ai 100 GW annui. Nel 2007 cedette la sua formidabile azienda. Se l'Italia avesse avuto una politica industriale nel campo delle nuove tecnologie dell'energia ispirata da un consigliere fidato come il JCR comunitario che auspichiamo, forse quell'azienda sarebbe rimasta di proprietà italiana. Ancor più oggi in cui al boom travolgente di rinnovabili e auto elettrica, sta per affiancarsi quello delle bioplastiche: con non sono solo quelle per i sacchettini, ma sono - ad esempio - la base dei materiali compositi a basso costo con cui produrremo i telai di automobili, autobus e camion elettrici.
"Se il Governo e la Commissione europea vogliono veramente contribuire a sanare lo squilibrio fra il Nord e la Sicilia anche nel campo della ricerca", dice Pagliaro "è tempo che investano risorse pubbliche per la creazione di un centro di ricerca internazionale nel campo del solare e della bioeconomia, che sono i settori trainanti del nuovo sviluppo dell'intero Meridione italiano".
Siciliano di origini calabresi, classe 1969, Pagliaro coordina a Palermo un gruppo di ricerca che in collaborazione con scienziati che vanno da Israele all'Iran ha dato contributi fondamentali nel campo della chimica "verde", della bioeconomia e delle nuove tecnologie dell'energia. Due anni fa ha pubblicato sulla seconda maggiore rivista di chimica europea uno studio sulla necessità per tutti i Paesi di stabilire nuovi centri di ricerca e formazione nel campo dell'energia solare e della bioeconomia.
"Gli ambiti su cui investire in ricerca - ha spiegato all'Agi - sono quelli delle nelle nuove tecnologie dell'energia rinnovabile: oggi finalmente più economica e anche, grazie alle batterie al litio e all'idrogeno solare, di affidabilità e qualità superiore alle fossili. E sulla bioeconomia: che in Italia già origina la maggiore industria nutraceutica in Europa".
"La bioeconomia - ha spiegato - è l'economia in cui la produzione di beni e materiali avviene a partire dalle risorse biologiche. Ad esempio, le sostanze naturali sostituiscono i farmaci o gli erbicidi ottenuti per via sintetica quasi sempre a partire dal petrolio. Lo stesso, naturalmente, con i polimeri: non più plastica non biodegradabile ottenuta dai feedstock petroliferi, ma bioplastiche ad altissime prestazioni ottenute da zuccheri e terpeni derivati da scarti agricoli e forestali".