Con la formazione di bolle di idrogeno ad alta pressione è possibile modificare le proprietà fisiche e strutturali di semiconduttori innovativi per l'optoelettronica e il fotovoltaico. Questi, in estrema sintesi, i risultati di uno studio coordinato dall'Università Sapienza di Roma, in collaborazione con l'Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr e la Australian National University. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Advanced Materials. I materiali del futuro saranno bidimensionali e con eccezionali proprietà: più resistenti dell'acciaio, più leggeri dell'alluminio, flessibili come la plastica.
Dopo anni di intensa e fruttuosa attività sul grafene, l'interesse della comunità scientifica va progressivamente spostandosi verso la ricerca di altri materiali bidimensionali, in grado di sostituire i semiconduttori convenzionali e particolarmente adatti per la realizzazione di dispositivi compatti, a basso consumo e flessibili.
Il nuovo studio ha individuato un metodo innovativo per creare cristalli a due dimensioni altamente deformati. La possibilità di indurre deformazioni meccaniche controllate in questi materiali può essere sfruttata per modellarne a piacimento le proprietà elettroniche, ottiche e di trasporto. I cristalli bidimensionali - o 2D - con proprietà semiconduttrici stanno attirando un enorme interesse per il loro possibile utilizzo nella fabbricazione di dispositivi elettronici e optoelettronici innovativi, nonché di nanostrutture facilmente ingegnerizzabili.
Questi nuovi materiali sono caratterizzati da una struttura stratificata (analoga alla grafite) che consente di isolare, tramite esfoliazione, singoli strati di spessore ridottissimo (inferiore al miliardesimo di metro). In virtù di effetti quantistici, strettamente connessi alla loro natura sostanzialmente bidimensionale, questi materiali sono in grado di emettere luce in modo sorprendentemente efficiente. Unita alle loro ottime proprietà di resistenza e flessibilità meccanica, questa capacità rende i semiconduttori 2D particolarmente adatti per la realizzazione di laser e celle solari flessibili e ad alta efficienza.
Il meccanismo sperimentato dai ricercatori sfrutta l'irraggiamento con protoni di bassa energia di tali materiali, ancora nella loro forma tridimensionale (ovvero non esfoliati). I protoni attraversano solo lo strato superficiale e, a contatto con la matrice cristallina, si trasformano in molecole di idrogeno in virtù di una fondamentale reazione chimica, la cosiddetta hydrogen evolution reaction. Questa reazione ha luogo appena un milionesimo di millimetro al di sotto della superficie del cristallo irraggiato, portando alla formazione di bolle di idrogeno con pressioni di centinaia di atmosfere.
Le bolle di idrogeno causano il sollevamento localizzato di un solo piano cristallino; la superficie dei campioni irraggiati diviene così costellata da minuscole "cupole" piene di idrogeno, di spessore atomico e capaci di emettere luce dall’infrarosso al visibile fino a 200°C. Il processo di formazione può essere ingegnerizzato per ottenere cupole con dimensioni definite e ordinate a piacimento. Numerose sono le possibili applicazioni di questo lavoro, che è appena agli inizi, nel campo della fotonica, della nanomeccanica, dell’attuazione optomeccanica, della sensoristica e delle energie pulite.