Nel Mare Adriatico meridionale è stata scoperta la presenza di cinque nuove specie di policheti pelagici, organismi animali che fanno parte dello zooplancton marino. L’importante rinvenimento, oggetto di uno studio pubblicato su Scientific Reports, è avvenuto nel corso di una campagna condotta da un team multidisciplinare coordinato dall’Istituto di scienze marine (Ismar) del Consiglio nazionale delle ricerche di Venezia, al quale hanno partecipato anche la Stazione Zoologica ‘A. Dohrn’ e le Università di Messina e del Salento. L’area dell’Adriatico Meridionale -e il canale di Otranto in particolare- sono ritenuti un importante hotspot naturale per l’osservazione e lo studio della biodiversità planctonica marina.
Spiega Alessandro Bergamasco (Cnr-Ismar), coordinatore dello studio: “Il rinvenimento è avvenuto nell’ambito di uno studio sulla distribuzione spaziale, la composizione e la struttura dimensionale della comunità di policheti pelagici in un’area chiave del Mediterraneo. Le cinque specie individuate – sulla base di un campionamento dettagliato fra la superficie e mille metri di profondità- portano a 27 la masterlist delle specie conosciute di questo importante gruppo tassonomico, indicando in oltre 40 specie la potenziale ricchezza dei policheti pelagici nella zona del Canale di Otranto: molte specie, infatti, non sono ancora state descritte”.
I policheti sono un gruppo ampio e diversificato, presente negli habitat di acqua marina e di acqua dolce. “Sono comuni nello zooplancton marino, e sappiamo che svolgono un ruolo importante nella rete trofica pelagica e nella mineralizzazione della sostanza organica, ma alcuni aspetti restano ancora sconosciuti, ad esempio abbiamo poche informazioni sulla composizione delle varie comunità presenti nell’Adriatico meridionale e sul ruolo ecologico che queste svolgono”, aggiunge Letterio Gugliemo (Szn).
Lo studio ha, tuttavia, permesso di chiarire la relazione tra la presenza di questi organismi e i meccanismi oceanografici che regolano la circolazione delle acque marine nell’area compresa tra il Canale di Otranto, il Mar Ionio e il bacino Adriatico: “Il confronto tra la ricchezza delle specie nelle diverse masse d’acqua suggerisce che le acque ioniche superficiali siano il principale vettore delle specie nell’area, sebbene un contributo rilevante provenga anche dalle acque adriatiche profonde, che potrebbero alimentare –attraverso correnti di fondo e fenomeni di cascading, cioè di inabissamento di acque più salate e/o più fredde e quindi più dense - i bacini più profondi dell’Adriatico meridionale con forme larvali o giovanili di policheti pelagici che ritroviamo anche nell’Adriatico settentrionale. Come se, in prossimità del fondale marino, si aprissero delle ‘finestre di connettività che permettono a questi organismi di essere trasportati, specialmente nel periodo tardo-invernale o a inizio primavera”, conclude Bergamasco.