“Serve un vaccino universale contro le pandemie di influenza, e occorre un piano di sviluppo imponente come il Progetto Manhattan”, quello che per intenderci portò all’invenzione dell’arma atomica durante la seconda guerra mondiale. Lo scrive la rivista scientifica Nature, in modo volutamente altisonante, ma il messaggio è chiaro.
Prevenire è meglio che curare
“I sistemi sanitari di molti Paesi al mondo sono deboli”, ed è necessario che la scienza sia pronta alla prossima epidemia globale. Il centenario dell’influenza spagnola, che tra 1918 e 1920 uccise oltre 50 milioni di persone, ha spinto la rivista britannica a domandarsi se il mondo sia preparato a una nuova pandemia. E la risposta è no. I motivi sono diversi, il primo dei quali è l’aumento della popolazione globale. Se un secolo fa sulla Terra abitavano meno di due miliardi di persone, oggi siamo 7 miliardi e 600 milioni. Una crescita che ha modificato radicalmente il meccanismo alla base dell’alimentazione: è aumentato il numero di bestiame, gli allevamenti intensivi sono diventati la normalità e la circolazione degli animali da una parte all’altra del globo è oramai un fenomeno consolidato.
Tutti elementi che contribuiscono all’evoluzione genetica, e al mescolamento, dei virus dell’influenza animale. Facendo aumentare le probabilità che qualcuno di questi possa diventare contagioso per l’uomo, e diffondersi così tra gli abitanti del pianeta.
Allarmismo no grazie
Il meccanismo di produzione basato sul just-in-time, cioè tarato sulla domanda e con il cosiddetto magazzino – cioè le scorte pronte a essere vendute - sempre più ridotto nella capacità, è “vulnerabile alle interruzioni provocate da una eventuale una pandemia”. In ogni caso, uno studio del 2008 ha accertato che la causa principale dei decessi avvenuti durante l’epidemia del secolo scorso era stata la polmonite secondaria da batteri comuni, un’infezione che oggi potrebbe facilmente essere curata con antibiotici. Il problema, a quel punto, sarebbe però garantire che le scorte di medicinali siano sufficienti e che le strutture ospedaliere siano dotate dei necessari posti di ricovero.
La soluzione universale
L’obiettivo numero uno della scienza, ribadisce Nature, dev’essere la messa a punto di un vaccino universale per l’influenza. Quelli messi a punto ogni anno, infatti, sono stagionali e tarati sul virus in circolazione. Non offrono quindi protezione per altri sottotipi di influenza. Un vaccino universale offrirebbe invece una protezione per tutti i virus, comprese le mutazioni del ceppo principale, e soprattutto per tutta la vita. Ed eviterebbe l’annuale corsa a mettere in commercio l’arma per combattere l’influenza.