AGI - La trasmissione perinatale del virus dell’immunodeficienza umana (HIV), che avviene nel grembo materno, potrebbe essere associata alla manifestazione di deficit cognitivi durante l’infanzia e l’adolescenza. Lo evidenzia uno studio, pubblicato sulla rivista eClinicalMedicine, condotto dagli scienziati del Georgetown University Medical Center. Il team, guidato da Xiong Jiang e Sophia Dahmani, ha esaminato 35 ricerche precedenti per valutare la correlazione tra l’HIV perinatale e il rischio di problemi cognitivi. Attualmente, circa tre milioni di bambini e adolescenti convivono con il virus e ogni anno si verificano oltre 300 mila nuove infezioni. “Nonostante si sia raggiunto un tasso di trasmissione perinatale inferiore all’1 per cento – commenta Jiang – esistono ancora notevoli disparità etniche legate al tasso di diffusione dell’infezione. Ancora più preoccupanti sono le lacune nella diagnosi e nel trattamento dell’infezione da HIV perinatale nei paesi a basso e medio reddito, associate a disuguaglianze nell’accesso alle cure e nell’approvvigionamento di farmaci”.
In questa meta-analisi, gli scienziati hanno valutato i risultati di 35 lavori precedenti, pubblicati tra il 2012 e il 2023, nell’ambito dei quali erano raccolte le informazioni di oltre 4000 persone con HIV contratto in fase perinatale. Gli esperti si sono concentrati sui punteggi dei test associati a tre domini cognitivi dello sviluppo infantile: funzione esecutiva, associata alla risoluzione di problemi, memoria di lavoro, ovvero il modo in cui le informazioni vengono utilizzate quotidianamente, e velocità di elaborazione. Stando a quanto emerge dall’indagine, i bambini e i ragazzi con HIV risalente al periodo perinatale erano associati a compromissioni significative legate a tutti i domini considerati. Ulteriori approfondimenti hanno mostrato che il deficit relativo alla velocità di elaborazione era correlato negativamente con il reddito nazionale lordo pro capite di un paese. “Esistono delle strategie per aiutare i giovani con l’HIV a ricevere un’istruzione di alta qualità – afferma Jiang – in modo che possano avere una vita costruttiva e indipendente: l’introduzione di programmi educativi per la prima infanzia, adattamenti accademici e aggiunta di tempo durante gli esami e la partecipazione a programmi di formazione per gli operatori sanitari”. “Speriamo che il nostro lavoro – concludono gli autori – possa incoraggiare la definizione di studi più ampi sulle modalità di trasmissione perinatale dell’HIV e sulle conseguenze che l’infezione può provocare sui bambini e gli adolescenti”.