AGI - Alla base del Long Covid nei pazienti in età pediatrica ci sarebbero alterazioni del sistema degli interferoni, molecole prodotte naturalmente dalle cellule in risposta a infezioni virali. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio frutto della collaborazione tra Raphael Viscidi della Johns Hopkins University di Baltimora e i gruppi di ricerca coordinati da Guido Antonelli del Dipartimento di Medicina molecolare e Fabio Midulla del Dipartimento di Pediatria e neuropsichiatria infantile della Sapienza, entrambi impegnati come direttori di Unità presso l'AOU Policlinico Umberto I.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista European Journal of Immunology. Il Long Covid è una sindrome caratterizzata dalla persistenza di segni clinici e sintomi correlati all'infezione da SARS-CoV-2. A oggi manca ancora una chiara comprensione dei meccanismi immunopatogenetici alla base di questo fenomeno. Molti pazienti descrivono effetti a lungo termine dell'infezione, quali affaticamento, cefalea, dispnea, anosmia e disturbi gastro-intestinali.
Il nuovo studio si è focalizzato sulle alterazioni nella produzione degli interferoni di tipo I a livello mucosale e sistemico che, nella fase precoce dell'infezione da Sars-CoV-2, erano già state associate a forme gravi di Covid-19 negli adulti; così come era stato evidenziato che una pre-attivazione dell'immunità innata può determinare una risposta anti-Sars-CoV-2 più rapida ed efficace nella popolazione pediatrica.
Ma il fatto che un numero crescente di bambini e adolescenti continui a manifestare sintomi debilitanti anche dopo la risoluzione dell'infezione da Sars-CoV-2, ha portato i ricercatori a considerare un possibile coinvolgimento degli interferoni nello sviluppo e nella persistenza dei sintomi associati al Long Covid anche in eta' pediatrica.
In questo nuovo lavoro sono state osservate differenze nell'espressione degli interferoni di tipo I strettamente associate all'età: mentre negli adolescenti (12-17 anni) è stato riscontrato un aumento dei livelli trascrizionali I (particolarmente pronunciato in chi manifesta sintomi neurologici), nei bambini (6-11 anni) ne è stata osservata una diminuzione. È stato possibile registrare tale fenomeno sia in chi ha contratto l'infezione da Sars-CoV-2 ma non ha sviluppato sintomi Long Covid sia nei controlli sani.
"L'importanza della nostra ricerca - spiega Guido Antonelli - sta nel fatto di aver eseguito una dettagliata analisi trascrittomica degli interferoni di tipo I su un numero elevato di bambini e adolescenti con long COVID, osservati a distanza di 3-6 mesi dalla fase acuta dell'infezione da SARS-CoV-2, che non avevano ancora aderito ai programmi di vaccinazione. Sono stati inoltre indagati ed esclusi possibili co-fattori che potessero alterare le analisi sulla risposta interferonica, quali la presenza di autoanticorpi neutralizzanti gli interferoni di tipo I". Dichiara Carolina Scagnolari, coordinatrice Sapienza della ricerca: "Il nostro studio aggiunge nuovi elementi alla comprensione dei meccanismi immunopatogenetici associati al Long Covid".
Aggiunge Matteo Fracella del Dipartimento di Medicina molecolare della Sapienza: "Scenari immunologici interferon-correlati, distinti e opposti potrebbero influenzare in modo selettivo l'evolversi del long COVID nelle diverse fasce d'età". Conclude Fabio Midulla, responsabile del Pronto soccorso pediatrico del Policlinico Umberto I di Roma: "L'individuazione dei meccanismi immunopatogenetici che sono alla base del Long COVID potrà essere di ausilio per una migliore gestione clinica terapeutica dei pazienti in eta' pediatrica".