AGI - Le persone affette da diabete di tipo 2 hanno una maggiore probabilità di sviluppare la malattia di Alzheimer. Lo rivela una nuova ricerca, condotta sui topi, che sarà presentata da Narendra Kumar, professore associato presso la Texas A&M University di College Station, che ha guidato lo studio, al Discover Bmb, la conferenza annuale della Società americana di biochimica e biologia molecolare, che è iniziata il 23 marzo e terminerà 26 a San Antonio. Lo studio offre notevoli spunti per comprendere cosa succeda a livello molecolare nelle persone diabetiche per favorire l'insorgere dell'Alzheimer. La ricerca si aggiunge alle precedenti indagini sul legame tra il diabete di tipo 2 e la malattia di Alzheimer, che alcuni scienziati hanno definito "diabete di tipo 3". I risultati suggeriscono che dovrebbe essere possibile ridurre il rischio di Alzheimer mantenendo il diabete ben controllato e adottando uno stile di vita che ne impedisca l'insorgenza. "Pensiamo che il diabete e la malattia di Alzheimer siano fortemente legati e che adottando misure preventive o di miglioramento del diabete sia possibile prevenire o almeno rallentare in modo significativo la progressione dei sintomi della demenza nella malattia di Alzheimer", ha detto Kumar. Il diabete e l'Alzheimer sono due dei problemi di salute in piu' rapida crescita a livello mondiale.
I ricercatori hanno sviluppato il vaccino utilizzando un vettore batterico, chiamato 'LVS capB', come piattaforma per esprimere proteine altamente immunogene di 'B. pseudomallei', in grado di indurre una risposta immunitaria che in seguito protegge l'ospite dalla malattia e dalla morte in caso di infezione con il patogeno. 'LVS capB', derivato da una forma indebolita di un vaccino contro la tularemia, o "febbre del coniglio", era stato sviluppato nel laboratorio di Horwitz come piattaforma vettoriale per la creazione di vaccini contro altre malattie causate da agenti selezionati di livello 1, come l'antrace e la peste, oltre alla tularemia.
Gli scienziati hanno somministrato il nuovo vaccino sia per iniezione cutanea che per via intranasale in un ceppo di topi particolarmente sensibile all'infezione polmonare da 'B. pseudomallei'. I ricercatori hanno scoperto che il vaccino non solo era sicuro e non tossico, ma anche efficace contro un ceppo altamente letale del batterio della melioidosi. La somministrazione intranasale ha fornito una protezione migliore rispetto all'iniezione cutanea e una sola dose si e' dimostrata efficace con una protezione di lunga durata. I prossimi passi saranno quelli di testare il vaccino per la protezione contro la melioidosi polmonare è, in un secondo modello animale, come richiesto dalla Food and Drug Administration nel caso di vaccini per i quali non è possibile condurre studi di efficacia sull'uomo. Se supererà questo test, il vaccino potrà essere testato sull'uomo per verificarne la sicurezza e l'immunogenicità. I ricercatori valuteranno anche l'efficacia del vaccino contro l'infezione sottocutanea con 'B. pseudomallei', che e' il modo in cui si pensa che la maggior parte dei casi di melioidosi sia acquisita naturalmente, e lo testeranno contro l'agente patogeno di livello 1 'Burkholderia mallei', strettamente correlato, che causa la morva, malattia infettiva e contagiosa, nell'uomo e negli animali.