Per molti sono il futuro, anzi il presente: i laboratori privati sono pronti a partire a tappeto, Veneto e Lombardia aspettano solo il via libera, il Governo si aspetta risposte dai suoi scienziati per poter programmare la ripartenza, superando i ben più complessi tamponi. Ma I test sierologici, in grado di individuare in tempi rapidi se c'è stata risposta immunitaria a un'infezione (in questo caso ovviamente al coronavirus), e quindi non solo a stabilire chi è malato ma anche chi lo è stato, sono ancora inaffidabili, perchè troppe variabili sono ancora poco note sulla reazione del nostro organismo al virus. È la posizione dell'associazione microbiologi clinici (Amcli), che in un documento lancia l'allarme sull'attendibilità dei test, considerando rischioso al momento utilizzarli a fini clinici.
"La diagnostica molecolare è l’unico metodo, al momento, raccomandato per l’identificazione dei casi infettivi", sottolineano gli esperti. Mentre "i test sierologici (per la rilevazione anticorpale o antigenica) saranno destinati a rivestire un ruolo importante nella ricerca e nella sorveglianza ma non sono, ad oggi, affatto raccomandati per l’individuazione dei casi".
Domande senza risposta
Soprattutto perché ci sono molte domande ancora senza risposta: "I test che rilevano la presenza di antigeni virali sono in grado di individuare in modo elettivo e sistematico il virus, o possono determinare risultati falsamente negativi?", si chiedono i microbiologi. "Esistono cross-reazioni con altri Coronavirus, responsabili di patologie diffuse e benigne, tali da determinare risultati falsamente-positivi?".
E ancora: "A che distanza dalla comparsa dei sintomi è possibile identificare IgM nel siero dei pazienti? Per quanto tempo le IgM specifiche perdurano (IgM-positivo significa infezione recente o passata)?; Quando compaiono le IgG specifiche dopo la comparsa dei sintomi e a che distanza dalla scomparsa delle IgM (sieroconversione)?; Per quanto tempo le IgG specifiche perdurano nel tempo?; la presenza di IgM o IgG specifiche è sinonimo di protezione (attività neutralizzante)?
Pare evidente - sottolinea Amcli - che le risposte a tali quesiti non sono affatto di poco conto: il loro chiarimento serve a non fraintenderne il risultato, a condizione di rispondere correttamente ai quesiti diagnostici: la persona che ho davanti ha o non ha il virus SARS CoV-2? oppure ha un altro Coronavirus diverso da SARS CoV-2? è o non è guarita? è o non è in grado di infettare ancora i suoi contatti? È evidente che non si può correre il rischio di dare risposte errate, non interpretabili o di incerta interpretazione. D’altra parte i test di laboratorio che si utilizzano per la diagnosi di tutte le malattie infettive sanno rispondere a queste domande, e sono utilizzati solo quando a queste domande sanno effettivamente dare risposta".
I metodi di rilevazione
Sono, ad oggi, disponibili test che utilizzano, per la rilevazione di anticorpi anti-SARS CoV-2, metodi in chemiluminescenza, in EIA ed in immunocromatografia: i primi due, quantitativi, comportano che siano effettuati in laboratorio; "il terzo, qualitativo – definibile “rapido” (tempi di risposta di circa 15 minuti) – potrebbe essere utilizzato anche in situazioni di reale emergenza, al di fuori del laboratorio. Questi ultimi sono però gravati da sensibilità e specificità variabile (in particolare per IgM) e sono assolutamente “operatore-dipendente” nella loro interpretazione, oltre a consentire una gestione assolutamente incontrollata del loro utilizzo se fossero licenziati per un utilizzo anche extra-ospedaliero".
Il censimento dei test sierologici disponibili sul mercato mondiale annovera prodotti di più di 100 aziende, di molte delle quali è difficile, sottolineano tuttavia gli esperti, identificare produttore e distributore. "Le conoscenze attuali – fatti salvi alcune casistiche assai limitate e alcuni case report, certamente interessanti ma ancora solo aneddotici – confermano che la cinetica anticorpale del virus SARS CoV-2 è sconosciuta, sia in fase iniziale di COVID-19, sia in fase conclamata sia, da ultimo, dopo la risoluzione clinica della malattia".
"Alcuni dati preliminari indicano che la comparsa degli anticorpi (IgM, IgG ed IgA) si sviluppa dopo diversi giorni dall’infezione (7-14, mediamente 10, tanto che sembrerebbe che solo il 20% dei soggetti malati presenti anticorpi dopo 4 giorni), che la positività non è rilevabile in tutti i pazienti ricoverati e che i dati (ancora pochi) nei pazienti clinicamente guariti non sono interpretabili", prosegue l'associazione, "d’altra parte, dati di sieroprevalenza effettuati nei confronti del virus SARS hanno confermato la positività per IgG specifiche per un tempo limitato (2 anni), cui ha fatto seguito – a far corso dal terzo anno – dalla negativizzazione, lasciando immaginare la possibilità di reinfezioni dopo tale periodo dall’esposizione. D’altra parte, non sono neppure note le performance analitiche dei singoli kit diagnostici disponibili in commercio, la cui variabilità è verosimilmente estesa e comunque, certamente, da valutare".
Quindi, in conclusione, "se i metodi biomolecolari si confermano ancora oggi fondamentali quali test diagnostici (meno per finalità epidemiologiche), quelli sierologici potranno essere utilizzati massimamente per valutazioni di sieroprevalenza (per le quali le tecnologie biomolecolari non risultano appropriate) e meno – se non in associazione sulla base di precisi e rigorosi algoritmi diagnostici – a fini clinici".