Quasi 3 milioni e mezzo di italiani (3.460.025, il 5,3% dell'intera popolazione) vivono dopo la diagnosi di cancro, cifra in costante crescita (erano 2 milioni e 244 mila nel 2006, 2 milioni e 587 mila nel 2010, circa 3 milioni nel 2015), grazie ad armi sempre più efficaci e alla maggiore adesione ai programmi di screening. In aumento anche la sopravvivenza: il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi. Almeno un paziente su quattro, pari a quasi un milione di persone, è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito. Sono questi alcuni dati che emergono dal volume* 'I numeri del cancro in Italia 2019'.
"Nel maschio - spiega il professor Massimo Rugge, presidente Airtum - le migliori sopravvivenze si registrano per i tumori del testicolo, della prostata e della tiroide; nelle donne per le neoplasie della tiroide, della mammella e per il melanoma. Nel genere femminile, la sopravvivenza per tutti i tumori è più alta di quella della popolazione maschile: questo vantaggio di genere si mantiene anche nelle singole sedi e può essere associato alla diversa diffusione di screening specifici (mammella e utero) e alla maggior propensione del genere femminile a aderire ai programmi di prevenzione/screening".
La sopravvivenza a 5 anni più alta si registra, per gli uomini, in Valle D'Aosta (61%), Emilia-Romagna e Toscana (56%) e, per le donne, in Emilia-Romagna e Toscana (65%). Nel 2016 (ultimo anno disponibile), nel nostro Paese, sono stati 179.502 i decessi attribuibili al cancro (100.003 uomini e 79.499 donne).
"I trend temporali - sottolinea Stefania Gori, presidente nazionale Aiom e Direttore dipartimento oncologico, Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria-Negrar - indicano che, nel periodo 2003-2014, anche la mortalità continua a diminuire in maniera significativa in entrambi i sessi, come risultato di più fattori, quali la prevenzione primaria, in particolare la lotta al tabagismo, la diffusione degli screening su base nazionale, i miglioramenti diagnostici, i progressi terapeutici (chirurgici, farmacologici, radioterapici) e l'applicazione sempre più su larga scala di una gestione multidisciplinare dei pazienti oncologici. Proprio la prevenzione primaria, cioè l'adozione di uno stile di vita sano (no al fumo, dieta corretta e attività fisica costante), è la migliore strategia per ridurre sia l'incidenza che la mortalità".
Uno studio ha stimato i rischi attribuibili di morte per tumore legati allo stile di vita (fumo, alcol, eccesso ponderale, dieta e inattivita' fisica) specifici per la popolazione italiana, evidenziando un rischio complessivo dal 37,9% al 43,8%, con una percentuale più alta negli uomini (46,7%) che nelle donne (26,8%).
"Il volume 'I numeri del cancro in Italia 2019' - dichiara Maria Masocco, responsabile dei sistemi di sorveglianza Passi e Passi d'Argento, coordinati dall'Istituto Superiore di Sanità - contiene anche un'analisi degli stili di vita degli ultra 65enni che hanno ricevuto una diagnosi di tumore. I risultati sono preoccupanti. Le persone anziane che hanno avuto una diagnosi di tumore mantengono abitudini, quali fumo, abuso di alcol, sedentarietà o scarso consumo di frutta e verdura che rappresentano fattori di rischio per recidive tumorali o aggravanti della patologia stessa. Fra gli ultra 65enni che hanno avuto una diagnosi di tumore resta non trascurabile la quota di persone che si mantengono fumatori abituali (11%). Il 18% fa ancora un consumo di alcol rischioso per la salute (superando il limite indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per gli ultra 65enni di una unità alcolica al giorno) e il 40% dichiara di essere sedentario".
La prima causa di morte oncologica in Italia è costituita dal carcinoma del polmone (33.838 decessi nel 2016), seguito da colon-retto (19.575), mammella (12.760), pancreas (12.049) e fegato (9.702). Il tumore del polmone (nel periodo 2003-2014) si conferma il primo big killer e mostra una tendenza in calo negli uomini (-1,6%) e in aumento nella popolazione femminile (+2,2%).
"In particolare nell'ultimo decennio per tutti i big killer oncologici (polmone, colon-retto, mammella), ma non solo, alla diagnosi morfologica - afferma Mauro Truini, Presidente Siapec-Iap - vengono associati i profili molecolari. Ciò ha consentito agli anatomo-patologi di identificare e perfezionare le classificazioni delle singole neoplasie. Un esempio è il cancro della mammella, che è oggi riconosciuto come una malattia eterogenea che comprende almeno 21 (isto)tipi invasivi diversi e che presenta sottotipi molecolari distinti. Sulla base di tali precise diagnosi morfologiche e molecolari, l'oncologo è in grado di adottare e modulare specifiche terapie più adatte per il singolo paziente. Inoltre, la collaborazione tra Airtum e Siapec-Iap, coniugando i dati di diagnosi istologica tradizionale e di cosiddetta 'immunofenotipizzazione' con i dati clinici dei registri tumori, ha permesso di derivare la classificazione molecolare del singolo tumore. Ciò ha consentito di avere un panorama dei tipi di cancro della mammella in Italia e quali sono gli organi bersaglio di metastasi a seconda delle caratteristiche del tumore stesso".
*Il volume è stato realizzato grazie al lavoro dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), dell'Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), di Fondazione Aiom, Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), Passi d'Argento e della Societa' Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPEC-IAP).