L'emicrania è una patologia sottovalutata che molto spesso rimane non diagnosticata e non trattata. Il 41,1%, dopo il primo episodio, ha aspettato piu' di un anno prima di rivolgersi al medico e il 36,7% ammette di aver derubricato il proprio 'mal di testa' come un disturbo che e' normale avere di tanto in tanto; il 28,7% lo ha considerato un problema passeggero e l'8% un lieve fastidio. Sono questi alcuni dati che emergono dalla ricerca 'Vivere con l'emicrania', realizzata dal Censis con la collaborazione di Eli Lilly, Novartis e Teva.
I risultati confermano che si tratta di una patologia con tempi lunghi di diagnosi (mediamente 6 anni) e per il 49,6% il ritardo nel rivolgersi al medico è dovuto alla iniziale capacità di tenere sotto controllo il disturbo, attraverso l'assunzione di farmaci da banco. Solo il 13,6% ha consultato il medico appena i sintomi si sono palesati. La ricerca si è basata su un campione di 695 pazienti, dai 18 ai 65 anni.
I pazienti - secondo il Censis - si dichiarano in larga maggioranza (oltre l'80%) molto o abbastanza informati circa la patologia. I professionisti sanitari sono la fonte più citata (83,7%), in particolare il neurologo (48,6%). Ma non è modesta la percentuale di quanti indicano Internet come fonte primaria d'informazione (43,2%). I pazienti non esprimono però un giudizio nettamente positivo sulle informazioni in loro possesso: il 45,2% segnala di aver ottenuto tutte le informazioni di cui aveva bisogno, ma il 49,1% manifesta insoddisfazione.
Sono frequenti le testimonianze di difficoltà dei pazienti nel riconoscere e comprendere la malattia di cui sono affetti. Il 36% individua nell'emicrania una vera e propria patologia, risultato di una disfunzione biologica del sistema nervoso, ma molti la assimilano a un sintomo derivante da qualche altro disturbo (il 16,2% la associa a problemi ormonali, il 12,1% a una patologia oculistica, dei seni paranasali o della cervicale, l'8,7% a un disagio psicologico, l'8,2% a uno stile di vita scorretto).
Nel caso della terapia sintomatica, i pazienti ricorrono in misura maggiore (82,3%) alla somministrazione di farmaci analgesici-antiemicranici soggetti a prescrizione (in quasi la metà dei casi di tratta di triptani), mentre il 31,8% utilizza medicinali da banco. L'adesione a una strategia di prevenzione dell'attacco emicranico riguarda il 61% dei pazienti ed e' piu' comune tra quelli cronici (71,8%).
I farmaci soggetti a prescrizione sono stati ottenuti in gran parte attraverso il Servizio sanitario nazionale, ma solo per il 19,5% in modo totalmente gratuito, mentre per il 42,7% attraverso il pagamento del ticket. Il 37,8% invece ha affrontato i costi totalmente out of pocket. Complessivamente, poco più del 30% dei pazienti usufruisce delle cure dei centri dedicati al trattamento delle cefalee. In particolare, vi si rivolge il 50,4% di chi soffre di emicrania cronica e il 35% delle donne. E solo il 15,4% considera il centro come il punto di riferimento per la cura della patologia. Più del 55% individua nello specialista il proprio interlocutore primario (per il 20% si tratta di un neurologo che opera all'interno del Servizio sanitario nazionale, per il 19,7% di un neurologo che esercita privatamente) e il 25,5% fa riferimento al proprio medico di medicina generale.
L'emicrania, infine, colpisce l'11,6% della popolazione italiana, ma è tre volte più frequente tra le donne: il 15,8% contro il 5% dei maschi. Quella cronica (più di 14 giornate di emicrania al mese) viene riscontrata soprattutto tra i più anziani (il 42,2% dei pazienti ha tra i 55 e i 65 anni ) e anche in questo caso tra le donne (il 36,3% contro il 29,9% degli uomini). Per buona parte dei pazienti, l'insorgenza della patologia è avvenuta in epoca giovanile: l'eta' media dei primi sintomi e' di 22 anni. Anche per quanto riguarda l'esordio precoce, prima dei 18 anni, le donne continuano ad essere piu' svantaggiate rispetto gli uomini (42,1%, contro il 26%)