Crema solare, raccomandano i medici, a protezione dai quei raggi che, si sa, è un attimo che ti arrostiscano. Ma una crema solare basterà davvero come protezione dal sole estivo? Ma, soprattutto, in che modo la crema interagisce con il corpo? Essendo, appunto, una crema, classificata, tra l’altro, come cosmetico, nessuno ha mai pensato all’impatto con la pelle.
Oggi - è questa la notizia - la Food and Drug Administration rende noti i dati di una sperimentazione che dimostrerebbe come tutti quei prodotti chimici fotoprotettivi con i quali viene creata la protezione solare, interagendo con la pelle delle persone, potrebbero essere assorbiti nel flusso sanguigno e creare qualche problema, anche grave in alcuni casi, come scompensi ormonali o addirittura potrebbero finire con l’attaccare il sistema riproduttivo.
Il guaio è che fino ad oggi nessuno si è mai posto il problema, fin da quando Eugène Schueller fondatore della L'Oreal, nel 1936, decide di inserirsi nel mercato, anche se il primo utilizzo di massa, la vera mania della crema solare, si diffonde con la seconda guerra mondiale, e non era nemmeno una crema solare ma si chiamava RED VET PET, ed era un prodotto veterinario.
Tutto inutile in realtà, quei soldati non lo sapranno mai, ma solo nel 1950 il prodotto cambia, utilizzando filtri solari finalmente adeguati. “Tutti hanno sempre pensato che, poiché sono destinati a lavorare sulla superficie della pelle, non verranno assorbiti, ma succederà”, afferma Theresa Michele, direttore della divisione FDA dei farmaci non soggetti a prescrizione medica e coautore della FDA studio finanziato.
Il suo team ha scoperto che solo poche ore dopo l'applicazione della crema solare i prodotti chimici fotoprotettivi si sono infiltrati nel flusso sanguigno e raggiungere concentrazioni superiori alla soglia di tossicologia della FDA, una soglia che vuol dire rimettersi a lavoro con ulteriori test di sicurezza.
Il test è andato più o meno così: 12 uomini e 12 donne sono stati chiamati ad utilizzare quattro protezioni solari diverse, a libera scelta tra due spray, una crema e una lozione; il prodotto andava spalmato su almeno il 75% della pelle, più o meno la stessa percentuale di corpo che esponiamo ogni estate al sole, alla fine, qualche ora dopo l’applicazione, i ricercatori hanno raccolto il sangue e tirato giù i dati.
Così la scoperta: quegli agenti chimici davvero entrando in contatto con la pelle poi proseguono fino al sangue, non si è ancora capito se facciano bene o male, ma è così, e questa è già di per sé una notizia. "Potrebbe non esserci nulla, e sarebbe grandioso - dice Kanade Shinkai, un dermatologo della University California San Francisco e redattore capo della JAMA Dermatology - Ma il problema è che semplicemente non lo sappiamo".
Nel tentativo di porre fine alla situazione di stallo, il Congresso ha approvato il Sunscreen Innovation Act nel 2015. Come parte di tale sforzo, a febbraio la FDA ha annunciato che stava modificando il modo in cui l'agenzia regola i filtri solari, per "tenere il passo con la scienza in evoluzione".
Per dimostrare che sono sicuri ed efficaci, la FDA sta ora chiedendo, ai produttori di creme solari statunitensi, di presentare ulteriori dati che misurano come questi ingredienti vengono assorbiti dal flusso sanguigno. Se non assorbono al di sopra della soglia tossicologica, nessun problema. Ma se lo fanno, la FDA vuole vedere più test - valutare il rischio di cancro e danni ai sistemi riproduttivo ed endocrino, roba standard di sicurezza dei farmaci.