Le donne senza sintomi e non a rischio di tumore all'ovaio non devono sottoporsi allo screening. La raccomandazione arriva dalla US Preventive Services Task Force (USPSTF) e fa seguito a una revisione delle prove sui benefici e sui rischi dello screening per il carcinoma ovarico in donne asintomatiche che non sono a rischio elevato. Si tratta di un aggiornamento dalle indicazioni del 2012, secondo il quale non ci sono prove sufficienti sul legame tra screening e riduzione di questo tumore, anzi il rischio in alcuni casi è di provocare possibili danni, legati a interventi chirurgici non necessari.
Data la mancanza di beneficio sulla mortalità dello screening e i danni da moderati a sostanziali che potrebbero derivare da risultati di test di screening falsi positivi e successivo intervento chirurgico, l'USPSTF afferma con moderata certezza che i danni dello screening per il carcinoma ovarico superano i benefici e il rapporto rischio /beneficio è negativo sottoponendosi allo screening.
Proprio il tumore all'ovaio è uno dei temi principali del Congresso europeo di oncologia (ESMO), che si tiene a Monaco di Baviera (19-23 ottobre) e che riunisce oltre 27 persone tra specialisti, associazioni, esperti del settore, nel corso del quale saranno presentati anche diversi studi del nuovo approccio 'real life' cioe' su pazienti della vita 'reale'. Le sperimentazioni, infatti, coinvolgono pazienti selezioni, con l'obiettivo di testare efficacia e sicurezza di farmaci fino all'approvazione.
"Negli studi di tipo 'real life', invece, ci sono criteri di inclusione meno rigidi e si va a vedere ciò che accade davvero nella pratica clinica. La vita reale è diversa rispetto a quei pazienti dei trial ufficiali, che hanno criteri stringenti", spiega il professor Sandro Pignata, direttore dell'Unità di oncologia medica uroginecologica, presso l'Istituto Tumori Fondazione Pascale di Napoli. "Gli studi registrativi dei farmaci includono il 3% della popolazione che si vede in realtà negli ospedali, quindi una popolazione molto selezionata", prosegue l'esperto. "Con le ricerche in 'real life' vogliamo ribaltare questa proporzione e avere una risposta chiara su tutti, a prescindere da variabili come l'età o malattie concomitanti".
Per questo è stato condotto uno studio prospettico su una efficace molecola contro il tumore dell'ovaio, prodotta da Pharmamar (Trabectedina), in combinazione con doxorubicina liposomale pegilata (PLD) nei pazienti platino sensibili con recidiva di tumore ovarico indipendentemente dall'uso di antiangiogenico. Lo studio, di cui il prof. Pignata è coordinatore internazionale e che viene presentato all' Congresso ESMO, ha coinvolto 224 pazienti in 'real life' di 50 Centri europei (dalla Francia alla Spagna alla Germania), tra cui 18 strutture di tutta la penisola (da Milano a Napoli da Aviano a Bari, da Torino a Roma a Brindisi) per un totale di 96 pazienti in Italia.
"I risultati sono positivi soprattutto per due motivi - sottolinea l'oncologo - sia per l'efficacia paragonabile se non migliore rispetto agli studi che hanno portato alla registrazione del farmaco sia per l'inclusione di pazienti in più linee di trattamento. Significa che nel tempo è migliorata la pratica clinica e la gestione della terapia e dei pazienti. Molti continuano la cura senza problemi, poiché sono stati minimizzati anche gli eventuali effetti collaterali". I risultati dello studio, infatti, suggeriscono che la trabectedina più PLD è efficace nella recidiva del tumore dell'ovaio, indipendentemente dall'uso precedente di antiangiogenici.