Un panetto dorato appena sfornato, una busta di patatine fritte, un piatto di spaghetti integrali col pomodoro. Questi tre alimenti celano un nemico comune: l’acrilammide, una sostanza cancerogena. E la probabilità di ‘contaminazione’ è così alta che da domani, 1 aprile, entrerà in vigore un nuovo regolamento dell’Ue con le norme per ridurne la quantità nei cibi di acrilammide. Ma cos’è di preciso e quanto bisogna allarmarsi?
Cos’è l’acrilammide e dove si trova
L’acrilammide (o propenammide) è una molecola che si sprigiona quando gli aminoacidi e gli zuccheri reagiscono ad alte temperature in cibi che contengono l’asparagina. Il suo consumo ha effetti cancerogeni, con danni soprattutto a carico del sistema nervoso e di quello riproduttivo.
Nella lista figurano alimenti che consumiamo quotidianamente. In generale sono coinvolti “i cibi ricchi di carboidrati, quindi tutti quelli a base di cereali: pane, pizza, prodotti da forno come cracker e fette biscottate, ma anche i corn flakes”, spiega alla rivista Starbene Elga Baviera, biologa esperta in igiene e sicurezza degli alimenti. “A rischio anche le patate, quando vengono consumate come chips o fritte a bastoncini. E poi il caffè perché i chicchi vengono sottoposti ad alte temperature durante la torrefazione”. Non va meglio con i prodotti integrali: “Si è visto che i cibi a base di cereali integrali e ad alto tenore di crusche contengono più acrilammide”.
Come riconoscerlo
Il colore degli alimenti è di aiuto per individuare la presenza di acrilammide, si legge su Il Fatto Alimentare. Nello specifico sono le tonalità di colore – dal marroncino al marrone scuro – che indicano chiaramente la presenza della sostanza. La quantità di acrilammide è correlata alla tonalità marrone scuro del cibo e all’area di prodotto interessata. Se il colore, invece, è dorato la presenza potrebbe essere “trascurabile” come si rileva nella mollica del pane o nelle patate bollite.
I trucchi per evitarlo
No, non siamo spacciati: esistono dei trucchi per evitare di incappare nell’acrilammide. Per le patate, ad esempio, l’Efsa - l’Autorità europea per la sicurezza alimentare – consiglia di non conservarle crude in frigorifero e di lasciarle in ammollo nell’acqua per almeno 30 minuti prima della cottura. Meglio ancora con un estratto di tè verde per 1 minuto prima di cuocerle al forno o friggerle (1 g di estratto per litro di acqua).
Questo stratagemma è in grado di ridurre l’acrilammide del 62%. Anche i tempi dovrebbero essere ridotti al minimo, evitando la doratura eccessiva nelle fritture preferendo il cibo bollito o cucinato con il microonde. Oppure bisognerebbe diminuire la temperature e aumentare i tempi di cottura. Quanto alla frittura, evitate di usare lo stesso olio più volte e occhio al punto di fumo: non superatelo mai. Anche inserire un bicchiere di acqua nel forno aiuta grazie all’umidità che riduce lo sviluppo della sostanza. In generale è meglio limitare l’assunzione di patatine fritte, pecie quelle in busta, e soprattutto nel caso dei bambini, i più a rischio.
Per quanto riguarda i prodotti a base di cereali, pane, pizza e dolci, l’Efsa suggerisce di preferire farine raffinate addizionate con altre fibre, come ad esempio la fibra di bambù o l’inulina (reperibili in erboristeria o farmacia), in questo modo si riduce la formazione di acrilammide senza rinunciare alla fibra che rappresenta pur sempre un importante nutriente per la salute. Anche la farina di riso va bene. Un’altra raccomandazione è quella di prediligere una lievitazione più lunga, i lieviti si nutrono degli zuccheri che si formano in seguito alla scissione dell’amido della farina. In questo modo diminuisce la quantità di zuccheri responsabili della formazione di acrilammide.
Quanto siamo a rischio?
L’acrilammide, dunque, è dappertutto, ma l’importante è la quantità. Secondo l’ Efsa, la quantità di acrilammide nelle patatine fritte sarebbe pari a 300 mcg per kg di prodotto (quantità che sale a 400 mcg/Kg di prodotto per le patatine in busta). Nei cereali per la colazione siamo poco sotto ai 200 mcg/kg, mentre per crackers, biscotti e il pane croccante la quantità è di poco superiore ai 200 mcg. Il valore più alto si registra per i sostituti del caffè (orzo, cicoria…): 1500 mcg per kg di prodotto che scendono a 700 per il caffè solubile e a 250 per il caffè torrefatto. Siamo spacciati? Non proprio: in un caffè, ad esempio, su 7 grammi (la dose utilizzata per preparare un espresso) la quantità di acrilammide è trascurabile”, spiega Baviera.