L'ecstasy, la droga più amata dalla cultura rave, si sta affermando come trattamento rivelazione nella cura della sindrome da disordine post-traumatico. Ciò significa che, se il trial condotto dal dottor Stephen Ross, dell'NYU Longone Medical Center, otterrà i risultati sperati, l'ecstasy diventerà ufficialmente una medicina. O meglio, tornerà ad esserlo.
Sul lettino del dott. Ross
Il centro della rivoluzione per il trattamento di una patologia così diffusa - ne soffre l'8% degli americani, soprattutto veterani di guerra – è uno studio medico dall'aspetto accogliente all'interno del centro medico Langone, dove il dottor Ross somministra MDMA (l'ecstasy). Dopo aver ingerito una capsula da 125 milligrammi, il paziente viene fatto sdraiare su una poltrona reclinabile marrone e lì resterà per 8 ore mentre Ross e un co-terapista condurranno una sessione di colloquio-terapia.
Durante la fase II del trattamento, terminata a Novembre 2016, più dei due-terzi dei pazienti hanno ottenuto una "sostanziale remissione" dei disturbi dopo solo 3 sessioni da 8 ore. Sulla base di questi risultati, l'FDA ha approvato la Fase III che verrà eseguita da 80 terapisti in tutta la nazione. Lo scorso agosto, l’Agenzia per il farmaco ha fatto un passo in avanti conferendo all’MDMA la designazione di “Terapia di svolta”, che ha collocato il trattamento su un binario veloce per l’approvazione. E’ l’ultima fase, che sancirà la seconda vita dell’ecstasy come farmaco.
Ma non si comprerà in farmacia
Se ciò avverrà, osserva il Wall Street Journal, l’MDMA diventerà il medicinale più controllato in assoluto. Al contrario della marijuana terapeutica, l’ecstasy non sarà disponibile in farmacia. In altre parole, nessuno uscirà dal negozio con una bottiglietta di pillole, in modo da rendere impossibile la rivendita e di ridurre il più possibile l’abuso. La droga, inoltre, sarà prescritta solo ed esclusivamente a pazienti inseriti nel programma di cura della Sindrome da Stress Post-Traumatico. “Nel giro di cinque anni sia l’MDMA che la psilocibina saranno disponibili”, afferma il dottor Ross.
I funghi allucinogeni contro la depressione
La psilocibina, un allucinogeno contenuto in alcuni tipi di funghi, si è rivelato in grado di resettare l'attività dei circuiti neuronali del cervello coinvolti in prima linea nei soggetti che soffrono di depressione. Studiando le immagini del cervello, i ricercatori si sono accorti che la psilocibina colpisce proprio quelle aree che sono particolarmente attive in soggetti depressi. La somministrazione di questo allucinogeno ha fornito risultati incoraggianti. Secondo gli esperti, due somministrazioni di psilocibina, unita al consulto psicologico, ha portato a una riduzione dei sintomi.
L'MDMA ha oltre un secolo di storia
L'MDMA fu sintetizzata nel 1912 dal colosso farmaceutico Merck nel tentativo di sviluppare un anticoagulante simile a quello della Bayer. Non centrò l'obiettivo. Nel 1976, Alexander Shulgin, un chimico americano di Berkeley, California, risintetizzò il composto scoprendo che aveva la capacità di sopprimere l'amigdala, il centro della paura, e di attivare la corteccia frontale, sede della capacità d'azione. In pratica, la droga era in grado di smorzare la paura. Negli anni '80 iniziò a essere impiegata in numerosi trattamenti e terapie psicologiche, tra cui quelle contro la depressione. Tuttavia, l'energia, l'euforia e le emozioni prodotte dalla sua assunzione la resero popolare nelle discoteche. Così, nel 1986, la Dea - l'agenzia federale per il controllo degli stupefacenti - la mise fuorilegge.