Ai quattro angoli del pianeta i morsi di serpente mettono in pericolo di vita gli umani, ma rispetto ad altre minacce finora è stata sottovalutata, passata sotto silenzio. Ora, dopo anni di attesa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha deciso di far fronte a questa vera e propria emergenza sanitaria con una strategia ad hoc per la prevenzione e il controllo dell’avvelenamento dai rettili. Una battaglia per la salute umana che ora implica il coinvolgimento di governi e organizzazioni donatrici, con più mezzi finanziari e strumenti concreti a disposizione.
Morso di serpente, colpisce i più deboli e uccide più di malattie tropicali
Ogni anno circa 5,4 milioni di persone vengono morse da serpenti, di cui fino a 2,7 milioni vengono avvelenate, portando a oltre 100 mila decessi, e disabilità o deformità permanenti per 400 mila individui. L’avvelenamento da morso di serpente colpisce soprattutto le comunità povere rurali, tra cui lavoratori itineranti, agricoltori, persone sfollate in fuga da conflitti o violenza, e uccide più persone di qualunque altra malattia inclusa nella lista di Malattie Tropicali Neglette dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).
Leggi anche: Sono tornate le vipere. Breve guida contro gli attacchi
In prima linea in molti scenari difficili del Sud del mondo, l’ong Medici senza frontiere (Msf) è testimone dell’impatto devastante dei morsi di serpente sulle vittime e le loro famiglie e comunità in molte delle aree in cui opera. Oltre a morte e disabilità gravi, i sopravvissuti al morso di serpente soffrono spesso anche di stigma e discriminazione, e molte famiglie arrivano a indebitarsi per ottenere il trattamento.
“Il bilancio umano dell’avvelenamento da serpente a livello mondiale ne fa una vera e propria epidemia nascosta” spiega Gabriel Alcoba, esperto di medicina tropicale per Msf.
Ciononostante la risposta globale a questa tragica situazione è stata, fino a tempi recenti, deludente. I tentativi di affrontare questa crisi di salute pubblica negli ultimi tre decenni sono falliti e i fondi nazionali e internazionali attualmente allocati da governi e donatori sono del tutto insufficienti.
La strategia dell’Oms ridà speranza a operatori e vittime
“Ci incoraggia vedere che la strategia dell’Oms enfatizzi la necessità di rafforzare il ruolo delle comunità e dei sistemi sanitari per ridurre l’impatto globale del morso di serpente. Questa malattia deve essere affrontata in maniera olistica, mettendo il paziente al centro, e con programmi di salute preventiva a livello della comunità che possano ridurre i rischi in maniera sostanziale” prosegue Alcoba di Medici senza frontiere.
Finora i costi per i trattamenti del morso di serpente sono principalmente ricaduti sulle disponibilità delle vittime, che spesso hanno risorse limitate e non vengono ascoltate dalla politica. Il fatto che la strategia dell’Oms includa chiari requisiti economici rappresenta un importante passo avanti che dovrebbe consentire ad operatori sanitari sul terreno di condurre azioni rapide e di successo.
“Siamo cautamente ottimisti che la strategia dell’Oms per il morso di serpente possa essere un punto di svolta nell’affrontare questa malattia. I governi, i donatori e gli altri stakeholder non devono sprecare questa opportunità, ma fornire un concreto supporto politico e finanziario per garantire che abbia successo” sottolinea Julien Potet, esperto in malattie tropicali dimenticate della Campagna per l’Accesso ai Farmaci di Msf. Secondo lui “occorre sfruttare questo momentum e porre fine una volta per tutte a morti e disabilità non necessarie dovute al morso di serpente”.
Facilitare accesso a cure gratuite e sicure, ora tocca ai governi
Il morso di serpente è curabile, ma la grande maggioranza delle sue vittime non riesce a raggiungere un trattamento efficace. Le dosi di antidoto necessarie alla cura possono costare centinaia di dollari e, soprattutto nelle aree rurali, spesso non sono disponibili e mancano anche i servizi di trasferimento e ambulanza, e personale sanitario specializzato. A causa dei prezzi elevati degli antidoti, le persone sono portate a rivolgersi a terapie tradizionali non testate o antidoti più economici di dubbia qualità, e questo contribuisce agli alti tassi di morti e disabilità dovute al morso di serpente. Diverse aziende farmaceutiche hanno recentemente interrotto la produzione di antidoti destinati all’Africa, perché non sufficientemente remunerativa, aumentando il rischio di una grave crisi delle forniture.
Con l’avvio della strategia dell’Oms i governi sono chiamati ad azioni concrete per aumentare l’accesso ad antidoti sicuri già esistenti sul mercato e per dare priorità allo sviluppo di nuovi e migliori farmaci contro l’avvelenamento da morso di serpente. “Molte più vite potrebbero essere salvate se tutte le vittime del morso di serpente avessero accesso a trattamenti adeguati e tempestivi” dice ancora Potet di Msf. “Per garantire la disponibilità di antidoti di buona qualità a prezzi accessibili, bisogna valutare con urgenza l’efficacia dei prodotti esistenti e mettere a disposizione ulteriori fondi per sviluppare un meccanismo internazionale che supporti e garantisca una fornitura stabile di antidoti. I trattamenti devono essere disponibili e gratuiti per le vittime dei morsi di serpenti, per le quali l’accesso ai farmaci è una questione di vita o di morte” insiste l’esperto sanitario.
Per Medici senza frontiere è positivo che la strategia includa una chiara raccomandazione perché i prodotti attuali e futuri siano sicuri ed economicamente accessibili, insieme a piani ambiziosi per aumentare i tassi di trattamento e accesso agli antidoti nelle regioni colpite.
La strategia sottolinea anche la necessità di informare e sensibilizzare sulle modalità di prevenzione, primo soccorso e centri sanitari dove cercare trattamenti adeguati, attraverso attività di promozione della salute a livello comunitario e formazione del personale medico, soprattutto nell’ambito dei servizi di pronto soccorso e cure mediche di base. Linee guida cliniche garantiranno l’utilizzo appropriato dei costosi antidoti per ridurne gli sprechi da parte del personale medico.
Dal Sud Sudan l’appello di Medici senza frontiere
“Alcune persone arrivano troppo tardi o non arrivano affatto in ospedale. Per questo, non conosciamo l’esatta entità del problema nell’area. Sappiamo che il problema è esteso e che le persone continuano a morire perché non hanno accesso a cure adeguate” testimonia Jacob Chol Atem, coordinatore medico Msf ad Agok, in Sud Sudan.
In quell’ospedale l’ong cura 300 morsi di serpenti ogni anno, la maggior parte durante la stagione delle piogge, periodo in cui scappano dall’acqua ed entrano nelle case, il luogo in cui circa la metà delle vittime viene morsa.
Particolarmente a rischio sono i bambini che giocano in strada e le persone che lavorano nei campi. Ma ovunque siano morsi, il problema è lo stesso per tutti: ricevere le cure. La maggior parte delle vittime di serpenti vive in aree remote e deve percorrere lunghe distanze per raggiungere un ospedale. Un problema aggravato dalle piogge, quando le strade diventano impraticabili e che ci vogliono anche diversi giorni per raggiungere la struttura sanitaria più vicina.
L’altra sfida riguarda le cure a disposizione. In passato, Medici senza frontiere utilizzava un antidoto chiamato FAV-Afrique, efficace contro il veleno di 10 tipologie di serpenti diversi dell’Africa sub-sahariana. Ma i produttori hanno deciso di interromperne la produzione e l’ultimo lotto è scaduto a giugno 2016. Dopo aver cercato trattamenti alternativi, oggi vengono utilizzati due nuovi antidoti in Sud Sudan: EchitabPlus e SAIMR-Polyvalent. Ma la cura è più complessa, occorre selezionare l’antidoto in base ai sintomi e può risultare difficile per personale non specializzato.
Servono “cure non rane”, la storia emblematica di Awien
Due mesi fa, Awien, una bimba di 10 anni, è stata morsa da un serpente mentre dormiva. Come tante altre vittime di morsi di serpenti in Africa sub-sahariana, non ha potuto ricevere cure tempestive. Vive in un piccolo villaggio del Sud Sudan, lontano dalla strada più vicina e ancora di più da un ospedale. In aree rurali come questa, la prima reazione a un morso di serpente è usare rimedi tradizionali. La famiglia di Awien ha provato diversi metodi: ha tagliato in due una rana e l’ha poggiata sul morso per rimuovere il veleno; le ha fatto bere uova crude e un misto di semi e foglie, per indurre il vomito e facilitare l’espulsione del veleno. Ma quando nessuno di questi rimedi ha funzionato, lo zio ha deciso di portarla in spalla all’ospedale più vicino. Ha impiegato un’intera notte per arrivare alla città di Agok, dove Medici senza frontiere gestisce l’unico ospedale della regione.
Quando è arrivata, era in condizioni critiche e ha ricevuto tre dosi di antidoto. Aveva perso conoscenza ed è rimasta in queste condizioni per i primi cinque giorni, poi si è risvegliata e le sue condizioni hanno iniziato a migliorare. E’ stata portata in sala operatoria ben 19 volte, per subire diverse operazioni chirurgiche tese a rimuovere i tessuti morti, perché i muscoli del braccio erano gravemente danneggiati dalla cosiddetta “sindrome compartimentale”. Si tratta di una conseguenza del gonfiore dovuto al veleno che aumenta la pressione all’interno di un compartimento muscolare, causando mancato apporto di sangue, ossigeno e nutrimento fino alla necrosi dei tessuti.
Dopo due mesi in ospedale e i numerosi interventi subiti il braccio destro di Alwien è stato salvato dall’amputazione. Anche se ha il braccio braccio danneggiato oltre ogni possibilità di recupero, che rimarrà sempre appeso a una fascia intorno al collo, la sua fortuna più grande è quella di essere ancora viva .
Ma come Awien in Sud Sudan e altrove ci sono tantissimi bambini che non hanno potuto ricevere le cure tempestive che servivano per sopravvivere al morso di un serpente.