Il “nemico” sono i tumori. Gli alleati i globuli rossi, che “mimetizzano” e trasportano un cocktail di farmaci specifico per ogni paziente per prolungarne la presenza all’interno del corpo, ridurre la frequenza della terapia e ridurre gli effetti secondari dovuti a possibili sovradosaggi. L'idea è di un team italiano tutto femminile (Giustina Casagrande, Monica Piergiovanni ed Elena Bianchi) e si chiama mEryLo'.
Che cosa fa mEryLo'
Il progetto (uno dei due italiani assieme a Helperbit) è tra i 19 finalisti che si giocheranno la Global Social Venture Competition, il concorso mondiale riservato ai progetti di impresa a impatto sociale e ambientale. “Tutto è nato una decina di anni fa presso il Laboratorio LaBS del Politecnico di Milano - spiega Giustina Casagrande - anche se l’idea di mettere a punto un dispositivo è stata sviluppata negli ultimi anni”. Il nome è un acronimo che spiega ciò che fa il dispositivo: mEryLo’ sta per micro Erytrocyte Loader, ovvero “dispositivo microfluidico di caricamento degli eritrociti”. Con cartucce monouso poco invasive e che limitano il contatto tra il sangue e l’ambiente esterno, potenziale causa di contaminazione e infezioni. Al momento esiste un prototipo da laboratorio che permette di trattare piccole quantità di sangue. Il prossimo passo sarà lo sviluppo del dispositivo per l’applicazione sui pazienti.
Perché si parte dalla leucemia
Anche se il sistema potrebbe essere usato in diversi contesti clinici, le tre ricercatrici hanno scelto di concentrarsi inizialmente sulla leucemia. Soprattutto per due motivi: “La prima – spiega Casagrande - sta nel fatto che per la cure attuali si utilizzano farmaci con molti effetti collaterali, che noi miriamo a ridurre mimetizzando parte del farmaco nei globuli rossi. La seconda è legata al fatto che in altri contesti oncologici c'è un nemico ben localizzato da combattere, spesso anche chirurgicamente o con radioterapia mirata, mentre nella leucemia pervade tutto il sistema vascolare, dove sono presenti in grande quantità proprio i globuli rossi in cui il farmaco viene caricato”. Il passo più complicato, come spesso succede, è passare dalla laboratorio all'impresa. “Questa è proprio la grande sfida”, sottolinea Casagrande. Fino ad oggi mEryLo’ è stato un progetto di ricerca, ora la nostra startup sta cercando la sua collocazione sul mercato. Dopo un primo piccolo seed, stiamo svolgendo attività di fund raising per supportare le diverse fasi di validazione, necessarie per portare il progetto più vicino all’applicazione clinica”.
Tre donne tra ricerca e impresa
Durante questo percorso essere donne complica le cose? “Non riteniamo – risponde Casagrande - che, nella ricerca, il fatto di essere donne ci abbia penalizzato. Il mondo tecnologico-biologico sta divenendo sempre più 'femminile', anche perché curiosità, precisione e intuito femminile sono determinanti. Un po' diverso è il mondo dell’imprenditoria, ma siamo abituate a gestire le difficoltà di ogni giorno con positività. E con questo spirito, che ci ha permesso di arrivare fino a qui, continueremo nella nostra avventura”. La partecipazione alla Global Social Venture Competition ha già permesso alle tre ricercatrici di presentare mEryLo’ a un pubblico di investitori. E in occasione delle finali (in programma a Milano dall’11 al 13 aprile) ci sarà la possibilità di proporlo a una platea internazionale. “Potremo spiegare che il nostro dispositivo ha le potenzialità per rivoluzionare la somministrazione di farmaci per via endovenosa, primi tra tutti i farmaci chemioterapici utilizzati in leucemia”.