Mangiare fuori aumenta il rischio di contrarre il cancro o di sviluppare asma, diabete e problemi di fertilità. Ma il problema non è legato alla qualità del cibo. O meglio non indirettamente. Chi consuma spesso i suoi pasti al ristorante, o peggio ancora, al fast food, è più esposto allo ftalato, una sostanza chimica organica che deriva dal petrolio e ampiamente utilizzata per aumentare la flessibilità e la durata della plastica. Lo stabilisce un recente studio condotto dalla George Washington University e pubblicato sulla rivista Environment International, tra le persone che hanno preso parte alla ricerca, coloro che avevano mangiato fuori il giorno precedente presentavano una concentrazione di ftalati nel corpo del 35% più alta rispetto a chi aveva preferito la cena in casa.
Dove si trovano gli ftalati
Gli ftalati – si legge sul Guardian - sono ampiamente utilizzati nei contenitori alimentari, nelle pavimentazioni, nei saponi per le mani e negli shampoo. E, prima della messa al bando, erano contenuti anche in alcuni prodotti per l’infanzia. Ma non solo. Gli ftalati li ingeriamo anche. Attraverso i panini e i sandwich, ad esempio, ma solo se consumati in un fast-food, ristorante o tavola calda. Questo spiegherebbe perché gli adolescenti che mangiano fuori hanno fino al 55% di ftalati nel corpo rispetto ai coetanei che mangiano a casa. Nell’elenco figirano anche latte intero, panna e carne (soprattutto quella grassa e il pollame) a causa dell’uso estensivo di queste sostanze iniziato negli scorsi decenni che ha contaminato il suolo e dunque anche il mangime per gli animali. A rischio anche margarina e oli da cucina.
“Mangiare a casa è più sicuro”
“Secondo lo studio è meno probabile che il cibo preparato in casa sia contaminato da ftalato”, ha spiegato Ami Zota, ricercatrice della George Washington University. “La ricerca dimostra che mangiare fuori rappresenta un importante e sottostimato fattore di rischio per quanto riguarda l’esposizione allo ftalato della popolazione”. Per la ricerca sono state prese in esame 10.253 persone alle quali è stato chiesto cosa e dove avevano mangiato nelle precedenti 24 ore. Poi i ricercatori hanno analizzato le urine.
I gruppi più a rischio
Donne in gravidanza, bambini e adolescenti sono i più vulnerabili agli effetti tossici di questa sostanza che va a danneggiare il sistema endocrino, spiega Julia Varshavsky, della Berkeley e tra gli autori dello studio. Come evitarli? Secondo uno studio pubblicato da Environmental Health Perspectives, è possibile ridurre il livello di esposizione agli ftalati così come al Bps (bisfenolo A) senza grandi sforzi semplicemente evitando il più possibile i cibi confezionati. E poi, consumando alimenti freschi sfusi, lasciando sugli scaffali quelli confezionati in contenitori di plastica o di latta. Scegliendo anche cosmetici e detergenti con buon Inci. Mentre per i bambini bisogna prediligere giocattoli in legno o altri materiali naturali. Per il ministero della Salute, infatti, tra i prodotti più a rischio, ci sono infatti:
- Bambole (soprattutto quelle con abiti scintillanti)
- Maschere di carnevale
- Animali di plastica
- Macchinine
- Giochi da bagno
- Giochi gonfiabili
- Giochi da spiaggia
- Gomme e altri articoli di cancelleria