La cannabis terapeutica può ridurre i sintomi della spasticità, principale causa di disabilità in chi soffre di malattie del motoeneurone come la Sclerosi laterale amiotrofica-SLA. Lo dimostra uno studio pubblicato su Lancet Neurology da un gruppo di ricercatori italiani, fra cui Gabriele Mora, neurologo, direttore scientifico dell’IRCCS Maugeri di Milano e responsabile del Centro SLA di quell’istituto. La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Italiana di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica (AriSLA), ed è stata svolta fra il gennaio del 2013 e il dicembre del 2014.
Lo studio - doppio cieco
Lo studio è stato condotto su un campione 59 pazienti. "A 29 di questi veniva somministrato il farmaco derivato dalla Cannabis sativa, gli altri 30, contemporaneamente, ricevevano, con le stesse modalità, un placebo - spiega il neurologo Mora - “ed essendo in 'doppio cieco' medici e pazienti non sapevano chi era in trattamento e chi in placebo". Venti dei pazienti totali erano appunto fra quelli seguiti del Centro milanese della Maugeri.
“Abbiamo somministrato per 6 settimane cannabinoidi in spray che contenevano una stessa parte di tetraidrocannabinolo (THC) e di cannabidiolo (CBD) e i pazienti potevano accedere liberamente, secondo la loro tolleranza, a 12 spruzzi giornalieri”. In una seconda fase, a entrambi i gruppi è stato somministrato il farmaco. La cannabis illegale “fumata” ha un rapporto di 17 a 1 fra THC e CBD mentre quella “light” alla base di alcuni alimenti e integratori autorizzati non contiene affatto THC.
Un farmaco sicuro
Lo studio, aggiunge Mora, "ha documentato una riduzione del dolore causato dalla rigidità, dagli spasmi, e una migliore qualità del sonno". Un trattamento che, aggiunge il neurologo, "è stato abbastanza ben tollerato: nessuno l’ha interrotto, non ci sono stati eventi avversi gravi, e gli effetti collaterali sono stati molto modesti in termini di spossatezza, vertigini, sonnolenza. Un farmaco sicuro secondo tutte le scale adottate, dalla Ashworth, che misura il livello di spasticità, al test del cammino, agli altri indici relativi ad altri parametri vitali".
“Si tratta di uno studio importante, visto che, malgrado i progressi della terapia genica, a oggi, dobbiamo occuparci soprattutto della sintomatologia di questa malattia: dalla disfagia, ossia la difficoltà nella deglutizione, alla conseguente scialorrea, emissione di saliva in eccesso, alla ventilazione polmonare, alla labilità emotiva. Per un paziente che, in una certa fase del decorso, diventa immobile in un letto”, ha concluso Mora, “che la qualità del sonno migliori è certamente importante”.