Milano - In Sud Sudan sono ripresi i combattimenti, anche con armi pesanti ed elicotteri, tra le fazioni opposte di Salva Kiir, presidente del Sud Sudan, e Riek Machar, vicepresidente, che ha fatto ritorno nel paese di recente a seguito degli accordi di pace che avrebbero dovuto mettere fine a una sanguinosa guerra civile. A Juba e' guerra. Si parla di 300 vittime tra venerdi' 8 e domenica 10 luglio, proprio il giorno dopo l'anniversario dell'indipendenza dal Sudan. Molte Ong italiane, presenti in Sud Sudan, come Cuamm Medici con l'Africa e Amref Health Africa Italia, si uniscono alla rihiesta delle istituzioni internazionali, comprese quelle italiane, per un cessate il fuoco immediato. Gli scontri, per ora, sono limitati alla capitale, anche se in molti temono che possano estendersi a tutto il Paese.
"Ovunque c'e' panico - spiega Guglielmo Micucci, direttore di Amref -, per la possibile diffusione dello scontro sull'intero territorio. I combattimenti sono destinati a continuare e la tensione potrebbe sfociare su scala nazionale. Non si hanno notizie di combattimenti in altre citta' ancora, ma la tensione sta montando in molti altri luoghi". Micucci e' in contatto con gli operatori dell'organizzazione in Sud Sudan. Intanto a Juba l'aeroporto e' chiuso e tutti i punti di confine sono stati chiusi. Nessuno si muove da casa, "i nostri operatori - nessuno italiano, tutti africani, soprattutto sudsudanesi - vengono invitati a rimanere al coperto - prosegue Micucci-. A nessuno e' permesso di camminare in strada. Alcune persone fuggono attraverso stradine secondarie mai sulla strada principale. La priorita' ora, per noi, e' mettere in salvo lo staff che lavora sul campo - conclude Micucci -. Questa mattina, nella capitale, i combattimenti sono ripresi nello stesso posto in cui si erano svolti ieri affermano i nostri operatori locali".
Da Juba, Valerio Granello, rappresentante del Cuamm in Sud Sudan, racconta: "Gli scontri sono cominciati venerdi' in mattinata. Ora siamo barricati dentro il compound, io, Paolo (amministrativo) e Sam (logista kenyota). Il gasolio sta terminando e dobbiamo razionare l'uso della tecnologia e delle comunicazioni. Nelle aree di intervento del Cuamm, dove sono impiegati altri 15 italiani e 39 africani (ugandesi, kenyoti, nigeriani e congolesi), invece, la situazione rimane tranquilla. Nelle 7 contee (Yirol West, Rumbek North, Rumbek Centre, Rumbek East, Wulu, Cuiebet e Mundri East), in cui sosteniamo ben 81 strutture sanitarie periferiche e 3 ospedali, si continua a lavorare e a garantire cure e assistenza alla popolazione. La speranza e' che la situazione non degeneri anche li', perche' sarebbe una guerra disastrosa per un paese cosi' fragile e povero come il Sud Sudan". (AGI)