Giuseppe Conte cerca di tenere la barra dritta il giorno dopo il voto in Umbria che ha segnato un insuccesso per la riproposizione in ambito regionale della maggioranza che regge il governo a Roma e chiama i leader di M5s e Pd per una riflessione comune.
Ma Pd e M5s valutano l'alleanza giallorossa e tutti guardano alla manovra come banco di prova per una ripartenza, in attesa che le prossime elezioni regionali diano ulteriori segnali sulla volontà popolare. "Siamo partiti da poco, dobbiamo proseguire lungo questo cammino, abbiamo bisogno di maggiore spirito di squadra, più coesione, lavorare con determinazione, i cittadini ci chiedono questo". Per Conte l'orizzonte resta quello della scadenza naturale della legislatura: "Quando nel 2023 ci confronteremo con le elezioni verremo valutati per quello che abbiamo fatto e per le promesse mantenute. Se riusciamo a proseguire con entusiasmo saremo giudicati positivamente".
Anche per questo già domani sarebbe stato convocato un vertice per definire gli ultimi passaggi della legge di bilancio. Intanto nel M5s la tensione è alta, Luigi Di Maio assicura che il governo non è a rischio ma definisce un "esperimento che non ha funzionato" l'alleanza locale con il Pd e chiede un programma "piu' dettagliato" per il governo: "Se avessimo avuto un contratto di governo, ciò che non c'era scritto non si sarebbe potuto neanche ipotizzare e quindi alcune incomprensioni magari non si sarebbero nemmeno verificate" afferma il leader Cinquestelle.
"È ovvio che occorre voltare pagina" condivide Nicola Zingaretti. Ma il leader Pd si augura soprattutto "una nuova solidarietà nella coalizione e nella compagine del Governo Conte che non può essere un campo di battaglia quotidiana". E non pone limiti alle ripercussioni che potrebbero venire da un atteggiamento non solidale: "L'alleanza ha senso solo ed esclusivamente se vive in questo comune sentire delle forze politiche che ne fanno parte, altrimenti la sua esistenza è inutile e sarà meglio trarne le conseguenze".
Le opposizioni, vittoriose in Umbria, attaccano però l'esecutivo. Il Conte bis "non è un governo che rappresenta il popolo italiano. Non penso che possano andare avanti per molto" afferma Matteo Salvini, che però non chiede di trarre conseguenze immediate. Più tranchant Giorgia Meloni, che ritiene "che il governo debba immediatamente rassegnare le dimissioni" e chiede al Capo dello Stato di "valutare il nuovo scenario".
Al Quirinale si mantiene un profilo di calma attenta. C'è attenzione, certo, per i risultati dell'Umbria e soprattutto per l'iter del decreto legge fiscale e della manovra che stanno muovendo i primi passi alle Camere, ma si cerca anche di non alimentare le fibrillazioni che percorrono soprattutto il M5s, poichè, si nota, non ci sono stati passaggi formali che facciano pensare a ripercussioni immediate sulla tenuta del governo. Tutti gli esponenti della maggioranza e del governo hanno confermato di voler proseguire nella esperienza del governo Conte II.
Nei prossimi giorni il premier e i partiti si incontreranno per una valutazione, sollecitata dallo stesso Conte, e il Capo dello Stato non potrà che attendere quella valutazione. Sapendo che difficilmente la sessione di bilancio potrà subire terremoti politici, a maggior ragione mentre si attende che trascorrano i tre mesi necessari a capire se si terrà o meno il referendum costituzionale sulla riforma del taglio dei parlamentari.
A fine gennaio si terranno altri test regionali cruciali e il panorama politico potrebbe cambiare, ma fino a quel momento, al netto di dichiarazioni e fibrillazioni, tutta la politica procede con i piedi di piombo.