La parlamentarizzazione della crisi di governo si consumerà tutta nel giro di tre giorni. O di un giorno solo. Dipenderà dalle mosse di Giuseppe Conte. Se, infatti, il premier deciderà di non voler attendere il voto dell'Aula del Senato sulle risoluzioni e salire al Colle direttamente per dimettersi, si produrrà un effetto domino che potrebbe travolgere i successivi passaggi parlamentari.
Andando con ordine: si inizia martedì 20 agosto, quando alle 15 si riunirà l'Aula del Senato per ascoltare le comunicazioni di Conte. Sulle comunicazioni del premier, come prevede il regolamento, possono essere presentate e votate delle risoluzioni. Due le opzioni: Conte attende il voto e solo dopo decide il da farsi. Conte non attende il voto e va direttamente al Colle.
In teoria, anche l'Aula della Camera è pronta, come stabilito dalla capigruppo, ad ascoltare le parole del presidente del Consiglio in Aula, appuntamento fissato per mercoledì 21 agosto alle 11,30. Dopodiché, il giorno successivo, giovedì 22 agosto, probabilmente nel pomeriggio, l'Aula di Montecitorio è stata convocata per il voto finale sulla riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Ma, come si spiegava prima, difficilmente si succederanno nell'ordine indicato tutti questi passaggi.
L'ipotesi più probabile, secondo diverse fonti parlamentari, è che Conte si presenti martedì prossimo al Senato, pronunci il suo intervento, e poi si rechi da Mattarella. Se questa sarà la strada scelta dal premier, verranno automaticamente meno le comunicazioni alla Camera, e con le dimissioni di Conte potrebbe - ma qui le posizioni si dividono tra Lega e M5s - saltare l'Aula di giovedì sulle riforme. Di questo p convinto il Pd: "È pura teoria. Se c'è la sfiducia a Conte non è possibile nessuna calendarizzazione", osserva Delrio.