Volano gli stracci tra 5Stelle e Lega. Una resa di conti senza esclusione di colpi. E con reciproche e incrociate richieste di dimissioni. Da un lato il sottosegretario Siri (Lega) indagato, dall’altra la sindaca Virginia Raggi (M5s) intercettata sul caso Ama e accusata di pressioni per modificare il bilancio dell’azienda dei rifiuti. Nella sua essenza nuda e cruda la notizia è tutta qua. Con non lievi ripercussioni. Siamo tra i saldi di fine stagione e i titoli di coda.
"Il governo vacilla sulle inchieste" avvisa il Corriere. "Il Governo sta per cadere" si spinge oltre Il Giornale. "Siri indagato, governo a pezzi" fotografa Il Messaggero. "Mazzette&Mazzate" ironizza la Repubblica. "La Lega è pronta al voto" sintetizza La Stampa.
Che il governo sia sull’orlo di una crisi di nervi è ormai evidente. Tanto più che "vedere due forze giustizialiste che si azzuffano accusandosi l’una con l’altra di incoerenza sulla questione morale dovrebbe far rifletter e in primo luogo i protagonisti. E potrebbe anche risultar e salutar e per aver e un approccio meno demagogico alla realtà" scrive Massimo Franco sul quotidiano di via Solferino.
"L’impressione che queste polemiche confermino una regressione della politica in materia di diritti è molto forte. La “strategia della gogna” è a doppio taglio, per tutti. E in un sistema nel quale il sospetto di una gestione opaca della cosa pubblica è diffuso – prosegue il commentatore - il garantismo dovrebbe essere un argine contro polemiche e accuse manichee", per aggiungere: "Litigare sui quarti di purezza e di onestà, e radicalizzare su questi temi un’opinione pubblica già incattivita dalla crisi, rappresenta un azzardo. E, a essere maligni, potrebbe far nascere il dubbio che tanta virulenza non sia gonfiata solo da calcoli elettorali. Viene da pensare che gli avvisi di garanzia, prodotti da questioni certamente gravi, siano sfruttati per distrarre l’attenzione dai temi veri ai quali è appeso il presente e soprattutto il futuro dell’Italia, come Paese fondatore dell’Unione europea".
Per concludere: "Ad appena un anno dalla presa del potere, Di Maio e Salvini dovrebbero cominciare a chiedersi quanto potrà durare la loro luna di miele con l’opinione pubblica: sempre che M5s e Lega non pensino di costringerla a breve a un nuovo bagno elettorale, dopo avere portato o comunque lasciato l’Italia alla deriva".
Nel quadro descritto da la Repubblica emerge che "I re sono nudi ma lo è anche l’Italia" come rileva Massimo Giannini, il cui incipit è: "Piovono rane su un Paese che non ha protezione, volano materassi in un governo che non ci meritiamo" perché "una lotta fratricida così irriducibile, ma anche così miserabile, non si era mai vista. Nemmeno negli anni più neri della Repubblica, nemmeno nei giorni più bui di Tangentopoli. Le carte bollate gestite come corpi contundenti, le “epurazioni” brandite come armi di vendetta reciproca. E meno male che sono alleati e vincolati, con tanto di contratto, nel salvifico “governo del cambiamento”".
Ma "il cuore del problema – annota Giannini ripercorrendo tutte le tappe e le date difficili nei rapporti tra i due alleati degli ultimi mesi - con tutta evidenza, non è giudiziario ma politico. Da settimane Salvini e Di Maio non guidano due forze unite in coalizione, ma due fazioni in battaglia permanente. Qui non siamo più alla collaborazione-competizione, normale alla vigilia di una tornata elettorale proporzionale: siamo alla rissa da bar e al tumulto da talk, che corrompe le parole e confonde le teste".
Ma il punto vero qual è? Secondo il giornalista è che "Non hanno cuore per dire agli italiani che purtroppo non c’è un euro da spendere. Che in autunno la maxi-cambiale qualcuno dovrà pure pagarla. Che fino al voto europeo tutto resterà fermo. Ma la domanda vera, a questo punto, è un’altra: l’Italia può permettersi di aspettare l’ordalia del 26 maggio in questo clima da fine impero?"
Sotto il titolo "Quelle liti che portano alle urne" La Stampa commenta che "la cronaca dell’ennesima lite tra Salvini e Di Maio rischia di apparire ormai come uno stucchevole tormentone, ma la brutale verità va comunque detta: è chiaro a tutti che in queste condizioni la maggioranza non è più in grado di lavorare e il presidente del Consiglio non riesce più ad adempiere al suo obbligo costituzionale, quello cioè di assicurare "l’unità di indirizzo politico" dell’esecutivo".
Così "dicono che, per la prima volta, Salvini abbia iniziato a prestare ascolto ai suoi che gli ripetono da tempo di farla finita con i cinquestelle. Non fa più spallucce di fronte alle lamentazioni di Giancarlo Giorgetti, da qualche tempo annuisce silenzioso" seguita il giornale torinese, che aggiunge: "I nervi stanno saltando, l’incidente fatale, quello che manda tutti a casa, è dietro l’angolo" così " pure i toni, al limite dello scherno, usati in tv da Salvini contro Virginia Raggi, contribuiscono a comporre un quadro di sfacelo e dissoluzione" ed è la stessa "situazione politica ad essere completamente sfuggita di mano ai leader del governo".
Tanto che, oramai, "L’esecutivo è paralizzato nella sua attività, i decreti escono fuori con il contagocce, gli investimenti sono fermi, i cantieri non ci sono, la disoccupazione cresce, in Parlamento si girano i pollici da settimane, il ministro Tria ha scritto un Def chiaramente in contrasto con le promesse escatologiche dei due leader, l’autonomia regionale è al palo". Dunque? "Tra poco più di un mese si vota per le Europee, ma a Roma ieri sera tutti guardavano già al calendario di giugno per la data delle prossime Politiche" conclude lapidario il giornale sabaudo.