Come in una celebre scena di 'Ritorno al futuro', la foto di famiglia scattata a Narni potrebbe sbiadire fino a veder scomparire i volti di Conte, Di Maio, Zingaretti e Speranza. La vittoria in Umbria è il sogno coltivato, una sconfitta con onore l'obiettivo alla portata.
Ma il 'cappotto' potrebbe rappresentare la fine della coalizione appena nata. E non solo per Luigi Di Maio. Nel Movimento 5 Stelle anche chi è a favore di un'alleanza stabile con il Partito Democratico - e non è una componente residuale - ammette che "sarebbe difficile andare avanti con l'esperimento" se i numeri in Umbria dovessero essere impietosi.
Tra gli sponsor dell'alleanza c'è Roberta Lombardi per la quale "non si torna indietro" rispetto alla foto di Narni, anche perché quell'alleanza ha ricevuto l'imprimatur della base: su Rousseau, sottolinea Lombardi in una intervista, si sono espressi a favore della coalizione l'80 per cento dei votanti. Tra gli scettici, invece, l'avviso è di non legarsi mani e piedi al Partito Democratico: si rischierebbe di partire con l'handicap anche nelle regioni in cui il Movimento gode ancora della sua aurea di innovazione rispetto ai partiti tradizionali.
Nel Partito Democratico la linea rimane quella più volte enunciata dal segretario NIcola Zingaretti: costruire un campo largo di centrosinistra coinvolgendo anche il Movimento 5 stelle. Si potrebbe così puntare al 46% nel Paese. Ma il discorso nelle singole regioni è diverso. Una sorta di accordo incrociato è stato siglato per Emilia Romagna e Calabria: nella prima il M5s dovrebbe dare il via libera alla ricandidatura di Stefano Bonaccini, mentre in Calabria il Pd lascerebbe il campo a un candidato indicato dal M5s.
Ma anche questo accordo risulta 'sub iudice' . Tutto dipenderà da come andrà questa sera, ripetono fonti parlamentari del M5s. Una risposta indiretta arriva dal Pd per voce del capo delegazione dei ministri dem, Dario Franceschini: "In Umbria abbiamo fatto una operazione costruita in fretta, ma siamo in competizione". Invece, "se fossimo andati divisi, la competizione non ci sarebbe nemmeno stata".
Da qui a parlare di alleanza strategica ce ne passa, ma "il problema dobbiamo porcelo", aggiunge il ministro della Cultura a margine dell'assemblea dei sindaci dem, "anche perché vincere ed essere competitivi non da tutto questo fastidio". Agli occhi dei dem una coalizione larga di centro sinistra è una strada quasi obbligata.
Il centrodestra visto a Piazza San Giovanni, in questo senso, non lascia dubbi: la destra non è più quella del passato, né per i temi e né per la compattezza. Tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, viene sottolineato, c'è stato un passaggio di testimone che radicalizza quel campo e lo rende, contemporaneamente, più forte. La scelta, è il ragionamento che fanno fonti parlamentari dem, è tra consegnare il Paese ai sovranisti o cercare di contrastare quel campo con una proposta a forte vocazione civica ed europeista.