La Internet Research Agency (Ira), la cosiddetta "fabbrica dei troll" russa incriminata negli Stati Uniti con l'accusa di aver prodotto propaganda o disinformazione per interferire nelle elezioni americane a favore di Donald Trump, avrebbe agito anche sui social network italiani. È quanto si apprende da una fuga di informazioni dai fascicoli del Russiagate, l'inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller sulla possibile influenza del Cremlino nel processo elettorale americano. Con questa accusa la stessa Ira e tredici persone a essa legata erano state incriminate in Usa dal Gran Giurì lo scorso 16 febbraio per aver tentato di interferire "con le elezioni e i processi politici statunitensi", spingendo due mesi dopo Facebook a cancellare 270 account. Tra i tredici russi incriminati vi è anche l'uomo d'affari Yevgeny Viktorovich Prigozhin, soprannominato dall'Associated Press "il cuoco di Putin" per essere il ristoratore di fiducia scelto dal presidente per le cene istituzionali e accusato di essere tra i finanziatori dell'Ira. Un collegamento diretto tra l'Ira e il Cremlino non è però provato ed è appunto ciò che Mueller intende scoprire.
Sui social network italiani i profili sospettati di collegamento con la discussa società di San Pietroburgo hanno diffuso circa 1.500 tweet contenenti da una parte il consueto repertorio di lodi a Vladimir Putin e attacchi a Hillary Clinton, dall'altra interventi più mirati al contesto politico nazionale. Inclusi attacchi al Pd che hanno portato il Nazareno a chiedere una commissione d'inchiesta sulla vicenda.
Oltre un milione di tweet sospetti
I dati sono stati resi disponibili sul sito Fivethirtyeight di Nate Silver, il quale ha pubblicato i nove vastissimi file Excel contenenti oltre un milione di interventi su Twitter da parte dei profili fortemente sospettati da Mueller di appartenere a operatori russi. La gran parte di questi tweet, espressi in inglese, è concentrata sui temi della campagna presidenziale americana. Molti altri invece si sono limitati a interagire con i profili più sovranisti tra gli utenti italiani del social network, condividendone i contenuti. A una prima analisi non sembra che i troll russi abbiano immesso anche contenuti originali.
Un esempio riportato dal Corriere della Sera è quello del troll “Brianwarning”, che il 21 gennaio 2016, ha rilanciato un post in italiano “in cui ci si chiede ‘che cosa farà la Gran Bretagna con il suo referendum’ (allora non ancora avvenuto) sull’uscita dall’Unione europea. Il contenuto è relativamente neutro, mentre la lista dei profili collegati a quel tweet è marcatamente politica per la sua vicinanza all’area dei Cinque Stelle. C’è fra gli altri Gianluigi Paragone (@gparagone), oggi senatore pentastellato; c’è un certo (anonimo) @soqquadroM che ancora ieri era attivo su Twitter a sostegno del sovranista Marcello Foa come presidente della Rai; e c’è il profilo più misterioso, quello al centro di questo intrigo dei file di Mueller. Il suo nome è in codice: Elena07617349 e oggi non esiste più, anche se di essa si trovano ancora molte tracce in rete. Questa indefinibile ‘Elena’ è stata cancellata, ma fino alla primavera del 2017 si distingueva per la sua associazione a contenuti Twitter contro Barack Obama (e allora si esprimeva in inglese), contro il Giglio magico di Matteo Renzi o contro gli sbarchi, quando dialogava in italiano con un profilo chiamato ‘123stoka #iostoconsalvini’. In un’altra occasione, un troll russo chiamato ‘Carriethornthon’ rilancia un post legato a ‘Elena’ e a un ‘Junioborghese1’, collegato all’estrema destra, con un’accusa all’ex ministro dell’Interno: ‘Minniti è un ex comunista, loro sono abili nel mascherare’”.
Ma interessante è anche il profilo "lorenafava", che twitta su argomenti vari - per lo più a favore dei russi e contro gli americani (accusati per esempio di crimini contro l'umanità negli Stati Uniti) - e di cui scrive Repubblica: “‘Putin è l'unico grande statista e uomo di pace, Usa sono guerrafondai’ scriveva poi ad esempio ‘belkastrelka’ che aveva un lungo campionario di messaggi contro i musulmani e gli americani. ‘Hanno pagato loro dopo la ricezione del bonifico del Pd alla fondazione Clinton’, scriveva uno dei profili finiti sotto la lente. Per poi aggiungere: ‘Meno male che ci siamo noi amici twitteri che riportiamo alla cronaca le verità! Per loro troppo comodo nasconderle’”. È importante precisare che, in ogni caso, nulla suggerisce che da parte dei partiti che hanno goduto del consenso dei troll ci sia stata un’attiva ricerca del supporto russo.
Adesso la pubblicazione del database lascia spazio per l’analisi dei contenuti, che sarà necessaria per ricostruire collegamenti e modalità d’azione dell’Internet Research Agency russa in Italia. E anche se gran parte dei profili segnalati sono stati cancellati, resta possibile seguire la scia di retweet e metadati che si sono lasciati alle spalle. La Polizia Postale d'accordo con il Viminale ha da tempo messo in piedi un sistema di controllo che fino a oggi, però, ha portato a individuare solo situazioni marginali. Mentre sorgono sui social network (in particolare Facebook) gruppi dediti a individuare e segnalare i profili falsi che contribuiscono ad alimentare la diffusione di informazioni false.
La reazione del Pd
La reazione del Partito democratico è affidata a una nota di Michele Anzaldi (commissione Cultura) e Carmelo Miceli (commissione Giustizia): "L'esistenza di una fabbrica di troll e fake news in Russia, che ha lavorato per diffondere notizie false contro i Governi del Pd per favorire Lega e M5s, è gravissima. Quanto riportano i quotidiani italiani, sulla base dell'inchiesta del sito americano FiveThirthyEight, è l'ennesima conferma dei sospetti che erano già stati avanzati nei mesi scorsi, anche alla luce delle dichiarazioni dell'ex vicepresidente americano Biden. È urgente che il Parlamento italiano dia il via libera alla costituzione di una Commissione di inchiesta sulle fake news, per la quale abbiamo presentato l'articolato di legge il primo giorno della legislatura".
"Gli italiani hanno diritto di sapere - proseguono Anzaldi e Miceli - se le loro opinioni sono state manipolate, se davvero una macchina della propaganda con base in Russia e 400 dipendenti abbia lavorato per falsare il dibattito pubblico del nostro Paese con notizie inventate, calunnie, campagne diffamatorie costruite a tavolino su falsi, come il caso che ha riguardato il figlio del ministro Poletti. Il presidente della Camera Fico dimostri di essere realmente il garante di tutto il Parlamento e dia il via libera alla commissione d'inchiesta".