Nicola Zingaretti vuole che il governo vada avanti, "ma imponendo la qualità" ovvero mettendo in campo una "agenda di cose da fare e non di titoli". Facile a dirsi: il barometro della maggioranza è fisso su "tempesta" e a dimostrarlo è anche il Consiglio dei Ministri fiume - oltre sette ore di riunione - terminato con un "salvo intese" sul decreto legge Milleproroghe.
A provocare lo stallo nei lavori sono state in particolare le norme riguardanti i rapporti tra stato e concessionari di servizi pubblici. Ieri, a Palazzo Chigi, sono stati i ministri di Italia Viva a volere che fosse messa a verbale la loro contrarietà al provvedimento. E questo per almeno due ragioni: la prima è che, "cambiando le regole in corso d'opera si scoraggiano gli investitori internazionali dal venire in Italia", è il ragionamento che viene fatto da fonti di governo renziane che parlano di "effetto Ilva" nel caso si arrivasse a una revoca unilaterale della concessione ad Autostrade.
Ma il ministro e capo politico del movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, vede nel 2020 "l'anno della giustizia per le vittime del Ponte Morandi" e il 5 Stelle Crippa dice chiaramente che la norma contenuta nel Milleproroghe è la precondizione per la revoca. Parole provocano la ferma reazione di Matteo Renzi: il leader di Italia Viva definisce "roba da azzeccagarbugli di provincia" il voler "utilizzare il Milleproroghe aprendo un potenziale caos normativo".
Sulla vicenda interviene anche il segretario Pd, Nicola Zingaretti che, pur respingendo la lettura del "passo verso la revoca delle concessioni", sottolinea che "se lo Stato trova delle forme per essere più autorevole nelle trattative con i concessionari è un fatto positivo. È giusto che in queste trattative il pubblico sia più forte". Nel Milleproroghe, aggiunge Zingaretti, "c'è una verifica verso tutte le concessioni, senza pregiudizi. Da amministratore so che c'è un focus su una questione che nessuno vuole rimuovere, ma molte volte il pubblico, una volta firmata la concessione, rimane disarmato".
La questione del "Piano per l'Innovazione"
I focolai di scontro nella maggioranza, tuttavia, non si limitano alle concessioni. Sempre nel consiglio dei ministri di sabato è stato congelato il Piano Nazionale per l'Innovazione. La ragione? Una presunta consulenza chiesta dalla ministra Pisano alla Casaleggio Associati sul piano stesso. Una ipotesi che ha portato i ministri a scegliere di rimandare l'approvazione del piano: "Non c'erano le condizioni per approvare in Consiglio dei Ministri il Piano per l'Innovazione digitale", ha spiegato Dario Franceschini.
"C'è bisogno di un approfondimento e le norme, frutto di un'intesa nella maggioranza, potranno essere inserite in un emendamento in sede di conversione del decreto". Zingaretti accoglie positivamente la decisione, anche perché, spiega nello studio di Lucia Annunziata, "in Consiglio dei ministri e' arrivato un testo che tratta di cose delicatissime: ha fatto bene Franceschini a dire che va verificato se c'è un conflitto di interessi, ma soprattutto c'è un tema sui big data e di fronte a questo il Pd ha deciso di rinviare la discussione". Diversa la lettura di Matteo Renzi per il quale non ci sono dubbi che il Piano è stato "redatto con tanto di ringraziamento a Casaleggio. Alla faccia del conflitto di interessi".