Sulla Tav Giuseppe Conte prende tempo e lancia la palla nel campo europeo. Dopo l'annuncio via Facebook di sabato con cui sui bandi (lunedì 11 c'era una scadenza da rispettare) di Telt ha di fatto deciso di non decidere, il premier italiano ha deciso di cominciare una serie di incontri per valutare tutte le possibilità di rettificare l'opera e, se possibile, rimandare le scelte definitive a dopo le elezioni europee del 26 maggio. Vedrà nei prossimi giorni Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue e il presidente francese, Emmanuel Macron, probabilmente in occasione del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo.
"Mentre scrivevo a Telt", ha spiegato in un colloquio con il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio: "Ho avvertito di questa interlocuzione sia Juncker sia Macron trasmettendo la lettera e Telt e chiedendo di incontrarli per avviare un processo decisionale condiviso".
Conte ha ammesso che si tratta di un processo "complicato" ma si è detto "fiducioso di portarlo a buon fine". Si è anche detto "molto soddisfatto" della risposta di Telt, che a suo dire "conferma come si possano avviare le dichiarazioni di interesse senza far partire i bandi di gara per alcuni mesi, senza il rischio di penali o di altri oneri per lo Stato e senza perdere i gli eventuali finanziamenti europei che servirebbero solo se l'opera andasse avanti".
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Il premier ha assicurato che prima di prendere in mano il dossier non aveva "alcuna opinione sulla Tav: poi, ha raccontato, è arrivata l'analisi costi-benefici e il vertice con i vicepremier a cui si è presentato "da agnostico".
"Ho assistito allo 'stress test' che l'analisi di governo subiva da Salvini e dai suoi, se non avesse retto avrei detto di sì a Salvini e di no a Di Maio", ha assicurato il presidente del Consiglio. "Finché ci sarò io a Palazzo Chigi", ha detto ancora al quotidiano diretto da Marco Travaglio, "non permetterò a nessuno di deviare le mie decisioni per ragioni di parte, ideologiche o affaristiche".
Insomma, il governo sembrerebbe intenzionato a prendere tutto il tempo possibile per rinviare il momento delle scelte irreversibili. Nel tentativo di trovare un escamotage ancora più solido per evitarle queste scelte, almeno fino alle elezioni. Ma già da domani sulla durata di questa 'pausa di riflessione' è probabile che scatterà un nuovo confronto serrato tra Lega e M5s. Dice (al Corriere della Sera) Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera: "Credo che il premier abbia seguito la linea che da tempo gli avevamo suggerito. E cioè, quella di far partire la Tav lavorando in modo serrato per rivedere alcuni problemi connessi all'opera e per aumentare la quota del finanziamento europeo". Ancora: "Se io leggo la lettera della Telt trovo scritto che domattina saranno pubblicati gli avvisi per presentare la candidatura, quelle che noi chiamiamo le manifestazioni di interesse".
Una interpretazione forse diversa da quella che danno gli alleati Cinquestelle. Aggiunge Molinari: "È una fase del percorso di gara", ha insistito, "c'è scritto chiaramente nella lettera della società. La quale espliciterà il fatto che se la procedura non avesse seguito, non ci saranno oneri per la società o per gli Stati, Italia e Francia. È quello che sostenevamo noi: far partire i bandi tenendo conto che le 'clausole di dissolvenza' ci danno alcuni mesi per mettere a punto la Tav così come la vogliamo".
Col Corriere ha parlato anche Matteo Salvini: "Per fermare i bandi occorre come minimo un atto del Consiglio dei ministri. Ma, come detto, i ministri della Lega un no ai bandi non lo potrebbe votare". Ma il presidente del Consiglio avrebbe le prerogative per fermare da solo i bandi? Con la Telt "credo che abbia fatto la voce grossa. Detto questo, i bandi li può fermare soltanto o il Consiglio dei ministri oppure il Parlamento". E secondo il leader leghista in Consiglio la Lega non potrebbe votare alcuno stop ai bandi".
Ancora il vicepremier: "Non ha senso fermare i bandi e perdere un bel trecento milioni di euro. È quello che la Telt anche oggi non si stanca di ricordarci". Come procedere? "Ridiscutere l’opera tra di noi nel governo, con i tecnici e con il governo francese. Quella che ne uscirà sarà una nuova Tav"
Insomma, il governo prova a lanciare la palla in Europa in attesa di capire, forse, quali saranno i reali rapporti di forza tra i due alleati che usciranno dalle urne del 26 maggio. Forse allora, e solo allora, si potrà capire se la Torino-Lione vedrà mai la luce in fondo al tunnel.