La multa di 100mila euro per i parlamentari che lasciano il gruppo pentastellato è incostituzionale, ma il tema del vincolo di mandato esiste, da sempre, e a maggior ragione dopo che alcuni ne hanno 'abusato'. I costituzionalisti si esprimono sul tema dopo che il nuovo statuto grillino ha portato alla ribalta il tema di quelli che i pentastellati definiscono 'voltagabbana'. Secondo diversi costituzionalisti, il 'contratto' proposto dal vertice M5s ai candidati va dunque contro la lettera della Costituzione. E anche se dovesse essere oggetto di un contratto privato, stipulato dal Movimento con i singoli candidati, non avrebbe alcun valore giuridico, sarebbe quindi un contratto nullo. Ma prevedere regole di 'condotta' per i propri parlamentari "non è uno scandalo. Mica la Costituzione dispone che una volta eletto puoi fare ciò che ti pare indipendentemente dalla linea del gruppo con cui sei stato eletto". Altro discorso vale per la regola che prevede l'espulsione dal gruppo qualora il parlamentare non votasse la fiducia che l'eventuale governo a 5 Stelle dovesse porre su un provvedimento. In quel caso, è legittimo - secondo alcuni costituzionalisti e docenti di diritto - prevedere una sanzione, come appunto l'espulsione dal gruppo, senza che cio' comporti la violazione dell'articolo 67 della Costituzione.
A tre giorni dalla pubblicazione delle nuove regole del Movimento 5 Stelle valide per i futuri candidati, non si placa la polemica politica: tra le critiche più aspre rivolte al Movimento fondato da Grillo e Casaleggio c'è quella - è l'accusa delle altre forze politiche, soprattutto il Pd - di violare la Costituzione, che non prevede il vincolo di mandato per i deputati e senatori. Con l'introduzione della sanzione, invece, di fatto si disattende quanto dispone la Carta, è il ragionamento. Non la pensa così Carlo Fusaro, docente di diritto elettorale e parlamentare all'Università di Firenze.
"Nessun vincolo giuridico ma chiedere un impegno è giusto"
Secondo Fusaro, infatti, "non ci sarebbe alcuno scandalo nel chiedere ai propri candidati l'impegno a non fare i 'buffoni' una volta eletti e a rispettare le decisioni del gruppo". Insomma, "questa di fare ciò che si vuole è una buffonata tutta italiana: una volta eletti sotto il simbolo di un partito - spiega Fusaro all'Agi - è legittimo che si assuma l'impegno a sostenere la linea del partito, salvo singoli casi di coscienza, ma di norma la regola in base a cui se sei eletto con una forza politica poi devi sostenere quella forza politica non mi scandalizza affatto". Detto questo, "si tratta di regole moralmente vincolanti ma non giuridicamente. Nessuna norma in tal senso sarebbe impugnabile in tribunale". In sostanza, "un candidato può anche firmare una norma di tal genere, ma poi se non la rispetta" il Movimento 5 Stelle o chi per lui "non potrà impugnarla. Punto e basta. Io capisco la polemica politica - osserva Fusaro - ma ritengo sia del tutto legittimo che il Movimento 5 Stelle, o qualsiasi altra forza politica, cerchi di chiarire bene ai propri candidati, soprattutto se lo sono per la prima volta" a quali regole dovranno attenersi.
Ma, appunto, si tratta di regole di condotta che non hanno alcun vincolo giuridico: "sarebbe un contratto nullo - ribadisce Fusaro - anche se il candidato versa i 100mila euro come una forma di 'caparra' e li offre volontariamente. Anche questo sarebbe illegittimo". Quanto al vincolo di mandato, "l'articolo 67 della Carta è da una parte un'eredità storica, dall'altra vale in casi estremi", mentre negli ultimi tempi se ne è fatto un po' un "abuso". Ma "non vedo nessuno scandalo nella regole dell'espulsione dal gruppo se non voti la fiducia posta dal governo guidato dal partito con cui sei stato eletto: è legittimo che ti espello dal gruppo, non è che ti caccio dal parlamento, ma ti mando via dal mio gruppo, se non voti la fiducia. Non è che una volta eletto puoi fare ciò che ti pare".
"Il problema del vincolo di mandato esiste"
Salvatore Curreri, docente di istituzioni di diritto pubblico all'università di Enna si è già occupato più volte di questi temi e pur ritenendo nulla la norma dello statuto grillino sulla multa per chi cambia gruppo, non nega che il problema del vincolo di mandato esista. Per Curreri "il rimedio pensato è peggiore del male". "Impegni del genere - ricorda parlando all'Agi - ce ne sono stati anche in passato, si facevano addirittura firmare ai parlamentari lettere di dimissioni in bianco, ma sono stati sempre impegni giuridicamente non validi. Il partito può far sottoscrivere qualunque cosa al parlamentare, ma qualunque deputato o senatore può impugnare la carta sottoscritta davanti a un giudice che la renderebbe nulla perché è in palese contrasto con la norma costituzionale. Quella del parlamentare non è una rappresentanza privatistica, la sua è una rappresentanza pubblica che non puo' essere legata agli interessi degli elettori ma agli interessi nazionali. Dunque qualunque suo 'impegno' con il partito è nullo".
Detto questo per Curreri, "se vogliamo ragionare sul dato politico, il problema è serio, ma non può essere risolto con clausole giuridiche". "Bisogna evitare i due eccessi", e cioè che il parlamentare sia completamente vincolato o che sia talmente libero da abusare di questa libertà. In effetti i costituzionalisti si sono interrogati sulla possibilità o meno che il parlamentare contravvenga al mandato del partito. "Questo può essere un problema - ammette Curreri - ma la norma del nuovo statuto grillino non è la soluzione. Se si procedesse con queste norme, tanto varrebbe chiudere il Parlamento ed eleggere solo i capigruppo".
Altre soluzioni già esistono
Eppure si sono già studiate diverse soluzioni, utilizzando anche le regole dei parlamenti del resto d'Europa. Innanzitutto, fa notare Curreri, il nuovo regolamento del Senato varato dieci giorni fa già prevede che non si possano formare nuovi gruppi rispetto a quelli che si sono presentati alle elezioni. Poi c'è la soluzione che si adotta a Strasburgo e a Madrid: dove non esistono i gruppi misti e chi lascia il suo gruppo non si può iscrivere a nessun altro gruppo, perdendo così anche i contributi previsti per i gruppi. Oppure si possono perdere tutte le cariche connesse, dalla presenza in commissione a quella in ufficio di presidenza. Insomma, "ci sono possibili soluzioni che tendono a limitare i cambi di casacca o quantomeno a far avere su chi compie questa scelta delle conseguenze politiche. L'importante - conclude e' evitare i due eccessi".
"Non è possibile aggirare il divieto del vincolo di mandato. È ovvio che il Movimento 5 Stelle può far sottoscrivere ai propri candidati un impegno morale per quel che riguarda la disciplina del gruppo e il voto di fiducia, ma resta sul piano del vincolo morale, perché l'articolo 67 della Costituzione non è che proibisce il mandato in sé ma proibisce che sia imperativo per cui se sottoscrivi un impegno morale va bene, ma se poi prevedo la multa questo diventa un imperativo e quindi va contro la Costituzione". Anche Stefano Ceccanti, docente di diritto pubblico comparato all'Università La Sapienza di Roma, distingue i due piani: il primo 'morale', riconoscendo che il tema dell'eccesso di cambi di casacca c'è, il secondo costituzionale e qui gli esperti sono unanimi nel dire che e' illegittima qualsiasi sanzione.
"È evidente che la multa di 100mila euro è illegittima - spiega Ceccanti a Radio Radicale - Altro problema che si pone: si può introdurre il vincolo di mandato imperativo cambiando la Carta? Per la Corte costituzionale ci sono dei principi supremi che non sono modificabili neanche con una revisione costituzionale, anche se non li ha individuati puntualmente. A mio avviso tra questi c'è il no al vincolo di mandato imperativo. Ciò detto è evidente che esiste un problema a cui loro danno una soluzione sbagliata di non incentivare il trasformismo individuale", ma la risposta può essere ad esempio come "ha fatto il Senato con la riforma del regolamento", e il relativo limite alla formazione di nuovi gruppi", conclude Ceccanti.