E l’Europa? “I sovranisti crescono ma restano opposizione” titola il Corriere della Sera. “Sovranisti appesi alla Le Pen. Ma la linea Ue non cambia” scrive Il Giornale, per il quale “l’ultradestra cresce senza sfondare”. Per Il Fatto “Questa nova Europa non è quella auspicata dalle destre”. “I liberali sono il terzo gruppo” sottolinea Il Messaggero. Per la Repubblica “I giovani salvano l’Europa” nell’ambito di “un nuovo panorama, ma gli elettori restano fedeli alla Ue”. Ed è così anche per Il Sole 24 Ore, che titola: “I partiti europeisti restano maggioranza a Strasburgo”. “Fronte sovranista da Parigi a Varsavia. Ma l’Europa respinge l’assalto” è la sintesi de La Stampa.
L’Europa Si salva? “Chiamati dai sovranisti a un referendum per rinnegare la Ue, gli europei hanno respinto, tranne che in Italia e in Francia, i fantasmi che si allungavano minacciosi sul continente. Invertendo una tendenza all’assenteismo che si aggravava da decenni, oltre metà degli elettori è andata alle urne. Molti sono stati i giovani. Secondo i primi exit poll, la maggioranza dei cittadini Ue ha confermato la fiducia nell’Europa” è il quadro che ne fa Andrea Bonanni su la Repubblica. Insomma, il ribaltone annunciato e minacciosamente rivendicato dai sovranisti nostrani non c’è stato. Così “la sfida contro l’Europa, partita dalle grandi potenze che le sono ostili, a Mosca, a Washington come a Pechino, e veicolata dal populismo delle destre che vorrebbero togliere poteri a Bruxelles per suscitare i vecchi fantasmi del nazionalismo, ha fallito la prova del voto. Gli europei restano nella stragrande maggioranza fedeli all’idea di una democrazia liberale, capace di garantire i diritti politici e sociali dei suoi cittadini” aggiunge l’editorialista da Bruxelles del quotidiano di largo Fochetti.
“L’Europa è frammentata” analizza Danilo Traino da Bruxelles per il Corriere. “il sistema politico che ha dettato le regole per gli scorsi sei-sette decenni è stato scosso in misura seria dalle elezioni per il Parlamento europeo che si sono concluse ieri. Le forze anti-élite non hanno sfondato: hanno guadagnato posizioni, d’ora in poi faranno sentire la loro voce nelle scelte della Ue e in alcuni momenti potranno essere in grado di frenare o bloccare decisioni importanti. Un esito rilevante, però, è la crisi delle due grandi famiglie politiche, i Popolari e i Socialdemocratici, che hanno dominato il panorama negli scorsi decenni: non sono solo la perdita di consensi della Cdu-Csu e della Spd in Germania e le difficoltà di Forza Italia e del Pd nella Penisola a segnare questo vacillare ma soprattutto la frantumazione dei risultati a livello continentale, dove, a differenza del passato quando avanzavano o il centrodestra o il centrosinistra in modo abbastanza omogeneo, ogni Paese mette in scena tendenze tutte sue. Non c’è un trend europeo, ci sono evoluzioni o rivoluzioni nazionali”.
Da oggi, quando i numeri saranno definitivi, si inizierà a parlare seriamente di coalizioni. “Ma le proiezioni diffuse – sottolinea La Stampa – nella notte rendono possibili due soli scenari. È un dato di fatto il balzo in avanti dei Verdi, trascinati dal successo in Germania (grazie al secondo posto raddoppiano i seggi), Francia, Olanda e Irlanda. Con il 10% dei voti e circa 70 eurodeputati (contro i 52 del vecchio Parlamento) ‘siamo pronti a far valere il nostro peso’, come dice il belga Philippe Lamberts, capogruppo uscente. ‘Gli elettori ci hanno dato fiducia e ciò comporta una grande responsabilità’ aggiunge la tedesca Ska Keller. Tradotto: vogliamo entrare nella nuova maggioranza”.
Poi ci sono i casi nazionali, come la Germania, dove “La Merkel non molla” ma dove i verdi riescono a superare, scavalcandola, la Spd; o il c’è il caso dell’Austria con il successo personale di Kurz ma dove lo scandalo del video di Ibiza con il versamento delle tangenti ha finito con il frenare l’ultradestra. E poi c’è l’enorme schiaffo preso da Macron dalla Le Pen che lo sorpassa come inquadra la situazione Il Messaggero. L’onda nera, come l’ha chiamata la Repubblica, cresce dunque in Ungheria con Orban oltre il 50 per cento dei suffragi ma non contagia l’Austria.
Quindi la Francia: “Alle sferzate di quell’ondata fa da contrappunto il baratro apertosi sul versante francese di quell’asse Parigi-Berlino vero cardine dell’Europa degli ultimi decenni. La sconfitta di Emmanuel Macron, umiliato dalla resurrezione di Marine Le Pen, cancella il patto di Acquisgrana con cui Germania e Francia s’impegnavano a dominare il Vecchio Continente. Sul fronte sovranista i ruggiti sopra le righe sembrano mettere in fuga gli elettori anziché attirarli. Significativamente l’unico successo arriva da una Francia dove Marine Le Pen cancella la famigerata ‘demonizzazione’ che in passato la bloccava a un passo dalla vittoria” è la lettura che dà Il Giornale del voto francese.
Alla fine il terremoto non c’è stato. C’è stato in Francia e in Italia, nazione quest’ultima, dove si è consumata “Una giornata europeista per il Paese più sovranista”. “Un paradosso postmoderno, come lo è la governance di questa nostra epoca, che ha visto moltiplicarsi i livelli alternativi (sovranazionali, transnazionali, dei soggetti dei flussi finanziari e comunicativi) rispetto a quello dello Stato-nazione della modernità. E, dunque, gli italiani e le italiane che hanno deciso di recarsi ai seggi, anziché starsene a casa, ci restituiscono, appunto, il paradosso di un’ampia consultazione sull’Europa (tanto nella versione ‘contro’ che in quella ‘a favore’) nella nazione diventata più sovranista dell’Occidente. Un cambiamento impressionante, e assai repentino, per l’opinione pubblica di quello che è stato un Paese fondatore e uno degli artefici essenziali dell’impresa comunitaria” analizza Massimiliano Panarari su La Stampa.
Per parafrasare Lucio Dalla, chi è oggi più vicino all’Europa? Milano o Torino? In ogni caso, Milano o Torino, che fatica…