Il governo si sta avvitando intorno al “caso Siri”. La Stampa titola che sulla vicenda c’è “L’aut-aut di Conte”, il quale minaccia “Se resta, pronto a dimettermi”; Per il Corriere sul caso del sottosegretario leghista, Di Maio e Salvini sono alla “sfida finale”. E mentre Il Messaggero vede un “piano Salvini per rimandare la “crisi dopo il voto” europeo, Libero denuncia “Il gioco sporco di Di Maio” descrivendo un “Conte tenuto al guinzaglio”. E Il Fatto Quotidiano mette insieme un “doppio flop” del vicepremier leghista nella stessa giornata, che “s’incarta su Siri” mentre “i giudici bocciano il decreto migranti”. “Salvini dà lo sfratto al premier: ‘Conte non ha più la mia fiducia’” titola la Repubblica. Game over. Siamo agli scampoli di fine stagione?
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Per l’ennesimo giorno consecutivo il caso del sottosegretario leghista, accusato di corruzione, continua a tenere banco nelle aperture delle prime pagine dei principali quotidiani. Ormai si può dire che è guerra di tutti contro tutti. E la ferita è più che mai aperta tra premier e vicepremier leghista. Salvini e Conte sono ai ferri corti. E La Stampa racconta che “Se c’è una cosa che manda in bestia Matteo Salvini è quella di essere minacciato, di dover subire un diktat, una scelta non concordata ma comunicata, come ha fatto il premier. Che poi Giuseppe Conte gli abbia fatto sapere della sua decisione sulle dimissioni di Armando Siri attraverso Giancarlo Giorgetti, sms o tentativi di telefonate non andati a buon fine, non cambia di una virgola la frattura tra i due”.
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Così se Salvini “si era forse illuso che il presidente del Consiglio avrebbe avuto la forza di mantenersi super partes, di non piegarsi alle esigenze elettorali ‘giacobine’ di Luigi Di Maio”, ora reagisce con stizza al premier che si sarebbe tolto la maschera: “Non ha più la mia fiducia. Si sta comportando come un carnefice” tato da lasciarsi sfuggire un “è finita con i 5 Stelle”, ma non solo per il “caso Siri” bensì “per la difficoltà complessiva di governare insieme” analizza il quotidiano torinese.
Il gioco di Conte
Un po’ la stessa lettura la offre Libero Quotidiano, che in un editoriale si chiede, a partire dal titolo, se il premier “È l’avvocato del popolo o del diavolo?” Infatti per il quotidiano la “faida pre-elettorale” tra Di Maio e Salvini “ha un lato istruttivo: è servita a far togliere la maschera a Giuseppe Conte, a fugare ogni dubbio su chi egli sia davvero. Non è un illustre tecnico che ha accettato di essere punto di equilibrio tra i Cinque Stelle e la Lega. Nemmeno è ciò che aveva promesso di essere a giugno nell’aula del Senato al momento dell’insediamento, ovvero il ‘garante dell’attuazione del Contratto per il governo del cambiamento’, ‘l’avvocato che tutelerà gli interessi del popolo italiano’ e altre trombonate del genere”.
Tattica e strategia
Il Corriere della Sera dipinge Salvini e Di Maio come “i duellanti”. Con il secondo che si lascia sfuggire un “quanto casino per una poltrona” ma che è anche al tempo stesso sicuro che “il caso è chiuso. Noi siamo maggioranza in Consiglio dei ministri. Vedrete, andrà come vi dico, alla fine non vedremo nessuno scontro”. Fiducioso di avere la maggioranza dei voti dei ministri in Consiglio: “8 M5S contro 6 leghisti” fa i conti il Corriere. Secondo questo quotidiano, “l’ipotesi che circola tra i pentastellati è che la Lega diserterà in buona parte l’appuntamento” del prossimo Consiglio dei ministri in cui Conte, come promesso, chiederà al sottosegretario Siri di farsi da parte e dimettersi, “lasciando al Movimento la responsabilità dell’atto politico della decadenza di Siri”.
Per poi sottolineare che “le ultime ore e gli attacchi anche a Giuseppe Conte hanno creato una nuova ferita nell’esecutivo, più profonda, difficile da cauterizzare”. Perché “se prima c’era un rapporto di fiducia, ora ci lega solo il contratto di governo. E su quello dobbiamo concentrarci” la frase che viene attribuita dal giornale a Di Maio.
Conflitto continuo
Proprio su questo aspetto del rapporto tra “Contratti e realtà” è imperniato il commento sul Corriere di Pierluigi Battista, secondo il quale la seconda “è molto più complicata e multiforme di un contratto”, in quanto quest’ultimo “prevede che siano rispettate le clausole, limitate nel numero e nei tempi” mentre l’altra “non si ferma mai, è inesauribile, comprende un’infinità di sfumature”. E “se due forze si mettono insieme per governare sulla base di un contratto possono anche chiudere bottega dopo averne onorato i singoli commi” annota l’editorialista. Mentre “la realtà va governata da forze anche diverse, che però abbiano un minimo di idee in comune per affrontare e risolvere i mille problemi che la vita sociale impone”.
Ma qui c’è invece “ogni giorno un conflitto, uno scontro, una dichiarazione sprezzante. Lontani dalla realtà, ma perennemente in trincea. C’è un limite oltre il quale la convivenza coatta esplode e produce danni, sulla realtà e non solo su un contratto. Lega e Cinque Stelle hanno oltrepassato questa soglia”. Quindi? “O tornano indietro, ricostruiscono una base comune per governare la difficile realtà italiana, oppure prendano atto che il contratto è scaduto, mettano fine a una disputa che, se non fosse drammatica, rischia di assumere connotati farseschi” scrive Battista.
Scenari futuri
Scenari futuri? Per la Repubblica “agli atti delle ultime ore restano intanto le uscite pubbliche di Salvini quasi irridenti nei confronti del premier che lo sta sfidando su Siri: ‘Mi sfidi sulle tasse, sulla flat tax, piuttosto, non sulla fantasia, non ho tempo per beghe e polemiche’. I due non si sono sentiti neanche ieri. ‘Conte? Vorrei sentire Antonio, come allenatore futuro del Milan, non Giuseppe’, è la battuta rilasciata al mercato di Reggio Emilia che dà l’idea del clima. E della fiducia ormai perduta” si legge nel finale di una cronaca di giornata.
Secondo Il Foglio Salvini “corre dei rischi” e sta facendo “un gioco pericoloso” che però rivela al tempo stesso le sue “debolezze nel rapporto con i 5 stelle”. Il punto qual è? Il punto, si legge nell’indagine sui primi segnali d’allarme, “’non è che Salvini ha ceduto al giustizialismo’, dice Roberto Castelli. ‘Noi della Lega, del resto, eravamo quelli del cappio sventolato in Parlamento’, ricorda l’ex ministro della Giustizia, colonnello a riposo del Carroccio che fu. ‘Il punto, semmai, è che i grillini hanno messo Matteo con le spalle al muro. Erano in picchiata nei sondaggi, e hanno trovato in Siri il punto debole della Lega. Per questo Salvini ora è in imbarazzo: se difendesse il suo sottosegretario, darebbe modo al M5s di proseguire con la sua propaganda manettara; ma anche se cedesse, sacrificando Siri come a volte negli scacchi si sacrifica il pedone per salvare il re, ammetterebbe, implicitamente che qualcosa di losco, in questa vicenda, c’è’. E dunque? ‘E dunque niente. È la politica, bellezza. Ogni tanto bisogna abbozzare’”. Fine di Siri o del governo?
Gioco estremo delle parti?
Per Il Fatto è fine di mondo. Nel senso che “la crisi per i gialloverdi è come l’esistenza del Diavolo, ufficialmente non ci crede quasi nessuno ma la temono quasi tutti” è l’abbrivio di una cronaca. Quindi, cadrà o non cadrà il governo sul “caso Siri”? “’Matteo Salvini non può far cadere il governo per Siri, un sottosegretario indagato, ci rimetterebbe voti e faccia’ dicono per tutto il giorno i Cinque Stelle, ed è un mantra che pare uno scongiuro. E quello da esorcizzare è sempre Salvini, che avverte tramite ‘fonti Lega’, per picchiare fingendo di non farlo: ‘Armando Siri non si dimette e noi non lo molliamo’”. Fine. E fine anche di mondo. Resta un interrogativo: è solo tattica o magari anche no…?