Non deve sorprendere che in Sardegna, a una settimana dalle elezioni regionali di domenica scorsa, ancora non si conosca la nuova composizione del Consiglio regionale. Cinque anni fa successe esattamente la stessa cosa: ritardi, polemiche, confusione. Nel 2014 governava il centrodestra, stavolta il centrosinistra, ma i problemi non sono cambiati. E la responsabilità non è genericamente - come si è letto e sentito ripetutamente da lunedì scorso in poi - del software della Regione, cui spetta il compito di elaborare i dati trasmessi dalle 1.840 sezioni allestite in tutta l'isola per renderli disponibili on line.
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I fatti: non tutte le sezioni hanno regolarmente comunicato i risultati dello scrutinio, cominciato alle 7 di lunedì 25 febbraio, il giorno dopo le elezioni, e da concludere, per legge, entro 12 ore, cioè entro le 19. Mancano ancora 34 sezioni in una ventina di Comuni (si parla di circa 15 mila voti ancora da assegnare) e ci sono almeno 15 mila schede con errori, dovuti alla prima applicazione della doppia preferenza di genere e al voto disgiunto.
Sono solo alcuni dei complessi meccanismi della legge statutaria elettorale n.1 del 2013 che possono aver generato confusione fra gli elettori. Molti non hanno nascosto il loro fastidio ai seggi e ironizzato sui social per le dimensioni della scheda elettorale, talmente grande che quasi non si riusciva ad aprire nella cabina elettorale. Ma anche il modello 'lenzuolo' della scheda, oltre al rebus dell'attribuzione dei seggi, è previsto nella complicatissima legge statutaria elettorale, in vigore dal novembre 2013, approvata in tutta fretta dalle coalizioni di centrodestra e centrosinistra che allora sedevano in Consiglio regionale.
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L'obiettivo era arginare le formazioni più piccole e quelle non allineate, a cominciare dal M5s. Incombevano le elezioni regionali del febbraio successivo e ai primi del 2013 il Movimento si era affacciato alle politiche con il 25%. Il Consiglio regionale uscente non ha trovato l'accordo per modificare la legge da più parti definita 'monstrum'.
Cinque anni fa passò quasi un mese prima della proclamazione ufficiale dei 60 eletti, incluso il candidato presidente vincitore, Francesco Pigliaru: le elezioni vinte dal centrosinistra si tennero il 16 febbraio 2014, l'ufficio elettorale regionale costituito alla Corte d'appello di Cagliari ufficializzò i nomi dei nuovi consiglieri soltanto il 12 marzo e la Giunta fu presentata da Pigliaru il giorno successivo. Già nelle prime settimane dopo la proclamazione fioccarono i ricorsi elettorali, che si sarebbero tradotti nel corso della legislatura in sentenze, a volte contraddittorie, di Tar e Consiglio di Stato e in una girandola di cambi in Aula, con eletti rimossi e sostituiti in base a una diversa interpretazione delle norme elettorale e del significato di residui e resti.
Nel 2014 il Consiglio regionale si insediò il 20 marzo, oltre un mese dopo il voto, per il giuramento di consiglieri regionale e presidente eletto e per la designazione dell'ufficio di presidenza. Le commissioni si costituirno il 16 aprile successivo. Anche questa volta si prospettano tempi lunghi per sapere chi siederà nell'Assemblea sarda, considerato che l'elezione di alcuni consiglieri dipende da una manciata di preferenze e dato l'elevato numero di voti contestati e da assegnare.