Premier per una notte. L'economista Giulio Sapelli domenica sera incontra Luigi Di Maio e Matteo Salvini che gli chiedono la disponibilità a guidare il governo giallo-verde. Sapelli, che oltre a un brillante curriculum accademico - insegna a Londra, Barcellona e Milano - vanta anche una carriera in numerosi cda (Fs, Eni, Unicredit e Fondazione Mps, per citarne alcuni), si dice disposto ad aggiungere al palmarés la poltrona di Palazzo Chigi. "Loro sono stati molto corretti. Mi hanno detto: se raggiungiamo un accordo tra di noi, e sottolineiamo il se, lei professor Sapelli sarebbe disponibile a fare il primo ministro?", racconta al Corriere, "dato che me lo stavano chiedendo loro che sono i rappresentanti del popolo, io sarei stato disponibile. A condizione, credo legittima, di poter dire la mia sui ministri". È quindi qua che si è inceppato tutto? Probabile. Sapelli aveva chiesto di avere all'economia Domenico Siniscalco, che fu ministro dell'Economia di Berlusconi ai tempi della prima rottura con Tremonti ed era forse per questo sgradito ai pentastellati. "Io non avevo alcuna intenzione di prevaricare nessuno", prosegue il docente di storia economica, "ho fatto soltanto presente che, se il mio nome deve essere speso con quella garanzia istituzionale che mi sento di dare, non posso andare alla cieca".
Un candidato più leghista che pentastellato?
Se il nome di Sapelli è saltato per questo, assumono forza le argomentazioni di chi paventa un primo ministro 'testa di legno' sotto tutela dei due "dioscuri della Terza Repubblica", un ruolo che al professore sarebbe stato stretto. Ma non sembra l'unico motivo per il quale il nome dell'economista è stato bruciato. Sapelli era prima di tutto un candidato della Lega. Certo, i 5 Stelle lo avevano sondato in passato per un ministero economico ("era venuto Riccardo Fraccaro a casa mia", racconta, "e io avevo risposto di no"). Ma a far sì che Sapelli desse la disponibilità sono stati soprattutto i rapporti di vecchia data con Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Salvini, con il quale - parole sue - coltiva "un ottimo rapporto sin dal 2012, da quando sono stato sentito dalla commissione Bilancio che lui allora presiedeva". Era stato Giorgetti a contattarlo, per un incontro che, in un primo momento, avrebbe previsto al tavolo solo Salvini. Questo è bastato perché arrivasse un veto da parte dei 5 Stelle (e non necessariamente dall'area vicina a Di Maio) che ormai non lo consideravano più abbastanza "terzo"? Può darsi. Ciò spiegherebbe perché, nella giornata di ieri, avesse preso quota il nome di un altro accademico, Giuseppe Conte dell'Università di Firenze, come candidato premier dei 5 Stelle. Anch'egli tutt'altro che terzo, quindi. Le due delegazioni ieri avrebbero portato al Colle due nomi diversi? Non lo sappiamo. Ma che il nome di Sapelli fosse stato fatto al Quirinale, accolto da una risposta negativa, lo sostiene Sapelli stesso.
"Pressioni sul Quirinale". Ma il Colle smentisce
"Lo stop non è arrivato dal Quirinale ma sul Quirinale, dalle oligarchie europee. E il Quirinale ha recepito", ha poi raccontato Sapelli a Circo Massimo su Radio Capital, "ho sentito Matteo Salvini, mi ha detto 'purtroppo non ce la facciamo, mi dispiace, grazie'. Dopo l'incontro che ho avuto con loro ero certo che sarebbe finita così". Pur non radicale come un Bagnai, Sapelli è infatti una personalità molto critica nei confronti dell'attuale assetto economico-istituzionale europeo. Ed è intervenuto più volte al Valdai Club, il forum economico annuale promosso dal Cremlino. Per la nuova Lega 'nazionale', un "intellettuale organico" ideale, per Bruxelles un possibile grattacapo.
Il Colle è stato costretto a smentire: nessuno ha mai proposto al Capo dello Stato il nome dell'accademico. "Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha posto alcun veto o diniego sul professor Sapelli per la semplice circostanza che nessuno, né prima né durante le consultazioni, gli ha mai proposto, direttamente o indirettamente, il suo nome", si legge in una nota dell'Ufficio Stampa del Quirinale. Dove sta la verità? In queste complesse giornate è impossibile saperlo. È invece certo che Sapelli è uscito dall'esperienza con un'idea molto chiara dei suoi interlocutori. "La Lega è un partito che sa cosa vuole e che ha un patto con i suoi elettori", ha detto ancora a Radio Capital, "i Cinque stelle, invece, sono un aggregato interessante che rappresenta gli ultimi e gli arrabbiati ma è a stato peristaltico, sente le pressioni esterne in modo più drastico".