La frequenza quotidiana delle schermaglie verbali tra Lega e M5s sulla gestione del Campidoglio tradisce l'avvicinarsi del 10 novembre, quando la sentenza di primo grado del processo che vede la sindaca Virginia Raggi imputata per falso chiarirà la direzione di marcia della politica romana, e non solo, per il 2019. Leghisti e 5 Stelle, alleati nel governo gialloverde, negli enti locali tornano a sedere in schieramenti opposti e la contesa per la Capitale rischia di trasformarsi nell'ennesimo fronte polemico per la maggioranza.
Dalle uscite sul presunto immobilismo della giunta sulle buche, alla passeggiata per le vie del quartiere San Lorenzo nei giorni successivi alla morte della sedicenne Desirée Mariottini - deceduta per una sospetta overdose dopo che si ipotizza abbia subito una violenza sessuale di gruppo - fino all’endorsement per Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia, Salvini non risparmia critiche al Campidoglio a 5 Stelle. Lo fa nella consapevolezza che la Lega, in ascesa in tutti i sondaggi, sarebbe l'unica formazione che non avrebbe nulla da perdere da un eventuale ritorno alle urne nella Capitale.
Cosa potrebbe succedere in caso di condanna di Virginia Raggi
La Raggi finora ha sempre detto che in caso di condanna si atterrà al codice etico M5s, che prevede l'incompatibilità con il mandato di portavoce in caso venga accertata la colpevolezza anche solo in primo grado. Un'ipotesi che potrebbe far scattare diversi scenari: dimissioni della sindaca, in attesa di una possibile consultazione tra gli iscritti M5s su Rousseau sul suo futuro; uscita dal Movimento e proseguimento del mandato senza simbolo, a cui però dovrebbe seguire una mossa analoga di almeno 25 dei 28 consiglieri capitolini 5 Stelle; sospensione in attesa di scontare la pena con Palazzo Senatorio affidato al vicesindaco.
La sindaca e il suo staff ostentano serenità nella convinzione di una assoluzione ma tutte le ipotesi al momento sarebbero al vaglio. E la ridda di voci su una nuova possibile campagna elettorale per il Campidoglio, che sarebbe la terza negli ultimi cinque anni, non aiuta la sua stabilità.
Ecco allora che Salvini, tra una mano tesa sul lavoro comune tra Viminale e Comune e una dichiarazione critica, prova ad aumentare le difficoltà dell'amministrazione romana M5s, lasciando intendere che la Lega - dopo aver ottenuto il 10% in tutte le periferie cittadine alle ultime elezioni politiche - stavolta sarebbe pronta a puntare direttamente alla poltrona del sindaco.
Alleati al governo, su posizioni opposte nel resto d'Italia
La realtà per ora parla di un gruppo in Assemblea Capitolina con un solo consigliere, passato al Carroccio dopo essere stato eletto con Fratelli d'Italia. Per accendere le schermaglie elettorali può bastare, visto che il principale gruppo di opposizione, il Pd, al momento appare del tutto assorto dal suo congresso e sembra fuori dai giochi nella ipotetica corsa al Campidoglio del prossimo anno.
Non stupisce allora se Maurizio Politi dica senza nascondersi dietro le parole: "L'amministrazione Raggi è più marxista del Pd. Attendiamo la sentenza del 10, ma credo che la sindaca dovrebbe dimettersi per i disastri che sta facendo. A livello nazionale c’è un accordo tra M5s e Lega su punti ben specifici, che chiaramente vanno onorati come si onora qualsiasi altro contratto. A Roma invece siamo all’opposizione contro una delle peggiori amministrazioni mai conosciute da questa città. E quindi sabato eravamo in piazza per dire basta".
Quanto alle prossime elezioni a Roma, l'esponete capitolino della Lega afferma: “Troveremo un nostro candidato”.
Forse lo hanno già trovato.